All’ombra dell’ultimo sole

Enrico Letta e Matteo Renzi si sono visti ieri di primo mattino, all’ora del caffè. Finito il colloquio sono usciti sorridenti e felici, soddisfatti di un’intesa raggiunta che, all’ombra del primo sole, non vuol dire praticamente nulla. Nel concreto i motivi di frizione tra il presidente del Consiglio e il segretario del Pd restano esattamente uguali a prima, a cominciare dalla rapidità con cui la legge elettorale dev’essere approvata dal Parlamento.

Per entrambi deve venir fuori presto, ma i due ne attribuiscono un significato diverso. Per Letta significa entro le elezioni europee, a maggio, quando ormai non è più possibile accorpare politiche e europee in maniera da salvaguardare gli interlocutori privilegiati del governo (cfr. Alfano). Per Renzi quel “presto” significa subito, immediatamente: la data del 27 maggio fissata alla Camera per l’avvio della discussione sulla nuova legge, non è una faccenda simbolica ma il punto di partenza di una tappa forzata che si dovrà necessariamente concludere entro febbraio o al massimo entro il 25 marzo, termine ultimo della finestra elettorale di maggio. Ma se il presidente del Consiglio insiste sulla necessità di interloquire inizialmente con i soci di maggioranza, per il segretario democratico la legge elettorale si fa con chi ci sta. Punto.

Non è affatto una divisione da nulla, ma i due sono costretti a tenerla sotto traccia perché per il premier è di fondamentale importanza la tenuta dell’esecutivo, mentre Renzi non può dare il benservito al governo perché verrebbe interpretata come la volontà di andare ad elezioni subito. Intenzione che, ovviamente, c’è tutta, ma non va detta per non far la fine di Veltroni con Prodi. Pace fatta dunque, almeno sulla carta.

Nella pratica il discorso è l’opposto, più che le parole in questo momento devono valere i fatti. Il principale ostacolo per Renzi è Alfano, non Letta, tant’è che il segretario Pd ha lasciato intendere che se il leader di Ncd volesse davvero il doppio turno sulla nuova legge elettorale, non dovrebbe fare altro che proporla in aula. A quel punto, a malincuore, Renzi sarà costretto ad ingoiare una legge che non preferisce pur di far presto. Se invece Alfano sarà titubante, il sindaco fiorentino avrà Forza Italia come principale interlocutore con il sistema spagnolo in pole position per entrambi ma anche per Grillo.

Le priorità, quindi, sono diverse per ognuno dei due: la legge elettorale per Renzi; il patto di governo per Letta.

Seconda la road map del presidente del Consiglio, la firma del patto deve arrivare non più tardi del 27 gennaio. Al suo interno il premier ha inserito il Jobs Act di Renzi, la prima parte delle riforme costituzionali e la legge sulle unioni civili sul modello tedesco. Non è un caso, quest’ultimo tema, che il PresdelCons lo porti in evidenza dell’agenda di governo: Alfano ha già fatto sapere quanto sia contrario ai matrimoni gay, eventualità, tra l’altro, mai discussa ai piani alti del Pd tanto che tutto è nato da qualche gola profonda ai giornali.

L’unica paura rimane la durata del governo. Entrambi dicono che potrebbe durare tranquillamente per tutto l’anno, ma se la legge elettorale dovesse realmente essere approvata entro marzo, nessuno potrebbe giurare su proclami e dichiarazioni dei due interlocutori. Tanto più che, come scrive un sempre aggiornato Dagospia, l’ostilità di Napolitano verso l’ipotesi di voto a maggio sta pian piano scemando. La fase cruciale dell’emergenza in fondo è in dirittura d’arrivo, e se fossero vere le promesse fatte a donna Clio, il presidente della Repubblica potrebbe finalmente sciogliere il nodo dimissioni. Questo scenario, però, rimane all’ombra dell’ultimo sole.

This post was last modified on 14 Novembre 2018 17:04