Quando settimana scorsa la Commissione europea richiamò Renzi ad attenersi agli impegni presi sul fiscal compact per azzerare il disavanzo strutturale delle Pubbliche Amministrazioni, ha solamente ribadito ciò che aveva scritto nel Winter forecasts programmatico di bilancio dell’Italia, nel quale si indicava come il paese dovesse “continuare a compiere progressi sufficienti verso l’obiettivo di medio termine anche nel 2014, garantendo un aggiustamento strutturale di almeno 0,5 punti percentuali del Pil”. Sostanzialmente l’Europa ci indicava che il dato sulla disoccupazione che l’Italia ‘deve’ permettersi è indicato nella nota del NAWRU 2014.

Più o meno tutti i giornali hanno riportato la notizia senza però spiegare cosa significhi l’acronimo NAWRU che sta alla base del calcolo. Sarebbe bastato andare sul sito dell’OCSE e fare una piccolissima ricerca sul glossario per scoprire che NAWRU significaNon-accelerating wage rate of unemployment, tasso di disoccupazione che non crea un’accelerazione nei salari. In pratica per tenere i salari in equilibrio con la produzione, ‘serve’ che la disoccupazione strutturale salga al 10.3% quest’anno e all’11 per cento nel 2015. Sintetizzando ulteriormente significa che se la disoccupazione scende, inevitabilmente saliranno i salari perché il lavoro è in ripresa. Al contrario, se la disoccupazione sale i lavoratori si dovranno accontentare di salari più bassi pur di tenersi il lavoro.

Ora, dato che l’aggiustamento di competitività va pari passo alla deflazione salariale, cioè la compressione del costo del lavoro, l’unica condizione necessaria per far scendere i salari – o che restino inalterati, che per effetto dell’inflazione e dell’aumento del costo della vita è come se fossero più bassi – è che la disoccupazione rimanga alta. È quindi un caso che a febbraio sia salita al 13 per cento?