Quanto sarà lunga la coperta?

Dunque, facciamo due calcoli prima che i fatti ci sfuggano nuovamente di mano: al suo insediamento, Renzi, aveva promesso dieci miliardi di tagli al cuneo fiscale; il 12 marzo, mercoledì prossimo, il governo pare che dovrebbe aumentare del 25% le detrazione sull’Irpef per i lavoratori dipendenti che non superino i 25mila euro lordi annui, oppure, in alternativa, ridurre del 30% l’Irap alle aziende. In entrambi i casi sarebbe un taglio significativo al costo del lavoro. Però non è esattamente la promessa fatta da Renzi all’indomani del giuramento.

Nel caso il governo dovesse tagliare il 25% dell’Irpef – circa 2,5 miliardi, quindi non i dieci promessi – quei soldi andrebbero a rinforzare le detrazioni per i lavoratori protetti, non per i precari o gli autonomi. Quindi le categorie più a rischio rimarrebbero sempre con la scure sul collo. Meglio poco che niente, si dice in questi casi. Il problema è che i casi sono sempre questi: mai un passo coraggioso.

Di diverso, rispetto al governo Letta, questo esecutivo ha portato l’eventuale aumento in busta paga di circa 80-100 euro al mese a fronte dei dieci proposti da Saccomanni qualche mese addietro. In realtà è il solito passo del gambero perché, come dichiarato da alcuni membri del governo, questa rimane al momento solo un’ipotesi. La decisione finale spetta, da prassi, al cdm di mercoledì. Sempre se il pacchetto arriverà in quel tavolo per tempo.

Se i fatti non ci sfuggono nuovamente di mano, credo che Renzi stia seguendo pari pari il percorso dei suoi predecessori: aumentare le detrazioni Irpef come chiedono i sindacati o tagliare l’Irap come chiede Squinzi e tutta Confindustria? L’esecutivo è perfettamente diviso come nella migliore tradizione italiana: i renziani vogliono l’Irpef, il Tesoro vuole il taglio dell’Irap. Entrambi però premono per concentrare tutti gli interventi in una sola direzione.

Il nodo rimane la reperibilità dei fondi. La carta da giocare è a tempo limitato: da Palazzo Chigi trapela che almeno 6 miliardi dovrebbero arrivare dalla spending review di Cottarelli (erano 32 inizialmente, pochi giorni dopo appena 3-4), i rimanenti quattro dagli accordi con la Svizzera per il rientro dei capitali. Si tratta ovviamente di stime – soprattutto perché l’accordo con la Svizzera non è nemmeno arrivato ad un punto tale da confermarne l’eseguibilità – non di somme incassate. Ancora sotto forma di speranze e auspici. La speranza è di riuscire a scalare la montagna del cuneo fiscale; l’auspicio è di non riuscirvi in tempi biblici.

Secondo i dati della Cgia di Mestre, il cuneo fiscale ammonta a poco più di 296 miliardi di euro, di cui 161 sulle spalle delle aziende e 135 a carico dei lavoratori. Dai dati, per logica, si dovrebbe lavorare principalmente sulla riduzione dei costi alle aziende; di contro, però, 280 miliardi su 296 sono riconducibili al peso dell’Irpef, delle addi­zio­nali comunali/regionali Irpef e dei con­tri­buti pre­vi­den­ziali. Solo 16 miliardi sono direttamente riconducibili all’Irap. Se passasse la proposta renziana di detrarre l’Irpef, ciò comporterebbe una riduzione del cuneo attorno al tre e mezzo per cento e i lavoratori dipendenti si ritroverebbero circa 700 euro in più in busta paga l’anno, circa 60 al mese. Ovvero ben lontani dagli 80-100 promessi inizialmente, ma ancora più lontano – stavolta in positivo – dei dieci del duo Saccomanni-Letta. Ma alla fine, come sempre, la spunterà la lunghezza della coperta.

This post was last modified on 14 Novembre 2018 17:04