La Grecia è salva, forse. Perché dirlo è così facile che quasi ci si dimentica quanto sia stato difficile arrivarci, e allora, forse, meglio commentare come Christine Lagarde: «è un buon inizio».

Meglio non far confusione però: l’accordo raggiunto ieri sera tra il Primo Ministro Papademos e i partiti di governo – tre anche loro – è un buon biglietto da visita con cui il ministro Eleftherios Venizelos, sempre lui, si è presentato a Bruxelles per l’Eurogruppo, ma non è tutto.
Ambasciator, almeno stavolta, non porta pena. Ma che cosa porta? Ad Atene ci si è accordati sul punto di rottura, le pensioni, vivace ovunque: quelle più basse non dovrebbero far parte dei tagli, che invece riguarderanno i salari e 150mila dipendenti pubblici entro il 2015, anche se c’è un anno in più per farlo. Lacrime e sangue inevitabili, per cui lo sciopero di oggi e domani in Grecia si farà come previsto.

Dentro il piano anche le privatizzazioni. Dalla valigia il ministro greco delle finanze tirerà fuori anche l’accordo con i creditori sul taglio del debito, le scommesse insistono sul settanta per cento. In pratica sembra esserci tutto, ed è il frutto di un esasperante tira e molla con la Troika: obiettivo lo sblocco dei 130 miliardi di euro di aiuti necessari per pagare gli stipendi ed evitare il default, rivisitazione della tragedia greca in tempi moderni. Ora qualcuno fa notare che la Troika non ha mai avuto ampie vedute, che certe pretese non porteranno la Grecia fuori dal peggio e la prova sta sui dati della disoccupazione arrivati proprio ieri sera: quasi il 21 per cento a novembre, un milione di persone senza lavoro su 11 milioni di abitanti, il doppio di un anno fa quando la Troika cominciò le sue missioni per conto del mondo.

Comunque, con tutto il tempo che la Grecia si è presa per arrivare fin qui, è logico che Bruxelles se ne prenda un po’. «Atene deve convincere i partner europei riguardo i suoi impegni» ha detto Olli Rehn, commissario europeo all’economia. «Ci sono punti da chiarire» ha detto il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker. «Riforme sulla carta, ma le facciano rapidamente» risponde Angela Merkel inflessibile come sempre. Quindi l’Eurogruppo ascolterà, domanderà, ma un controllo approfondito non è possibile, e la decisione finale sui cordoni da allentare non ci sarà. Ma se c’è una cosa che fa riflettere sono le parole che il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha detto: «di piani “B” per la Grecia non ce ne sono, ce n’è uno ed è bene che funzioni».

Secondo il mercato del debito pubblico, lo farà. Il nostro è sceso ieri ai minimi da ottobre: 347 punti di spread con rendimenti sotto il cinque e mezzo per cento. La Borsa c’è andata cauta invece: Milano quasi alla pari (-0,09%), le altre invece positive – Francoforte +0,59%, Parigi +0,43% – ed Atene più di tutte: più 1,83 per cento. La matematica non è un’opinione, ma la speranza, a volte, sì.