Il 18 dicembre 1865 gli Stati Uniti abolivano la schiavitù; la stessa data, il 18 dicembre, è stata scelta dall’Onu per celebrare la giornata mondiale dei migranti. Il 18 dicembre 2013 l’Italia ha dato il peggio di sé facendo conoscere al mondo gli orrori del centro di accoglienza di Lampedusa.

Il filmato del Cie di Lampedusa ha fatto il giro del mondo mostrando il lato disumano di una politica che non riesce ad abrogare la negazione dei principali diritti fondamentali dell’uomo. Tutti ad indignarsi, l’indomani; la recita di una classe politica brava a piangere solo dopo, a rammaricarsi per quello che è successo ma che mai ha voluto davvero cambiare una legge sull’immigrazione che dura da ben 15 anni (la legge Turco-Napolitano, 1998) portata all’eccesso razziale con l’abominio della Bossi-Fini. Vedere il fer­vore degli espo­nenti di que­sto governo – Alfano, Letta, Bonino: “imma­gini orri­pi­lanti” – quando fanno cadere le prime teste a Lampedusa, è peggio della falsa indignazione che hanno mostrato a ottobre sui mucchi di cadaveri portati a riva dal mare. Anche l’Europa è colpevole, soprattutto a margine delle parole della Com­mis­sa­ria euro­pea Ceci­lia Malmstrom.

Il premier Letta ha detto che avrebbe punito i colpevoli. Fin troppo facile punire il management – la coo­pe­ra­tiva “Lam­pe­dusa Acco­glienza” – senza prendersi le proprie responsabilità. Le stesse responsabilità che permettono di pagare dai 30 ai 50 euro al giorno per ogni migrante ospitato nel centro di accoglienza: soldi che arrivano dallo Stato alla cooperativa in questione. Quelle stesse responsabilità che fanno annunciare tardivamente alla Lega­coop Sici­lia l’istituzione di una “inda­gine cono­sci­tiva” per veri­fi­care l’accaduto. Responsabilità che sono sempre le stesse, come dice il sindaco di Lampedusa Giusi Nico­lini: «Basta per­dersi in ste­rili dispute ver­bali, occorre dimo­strare indi­gna­zione con i fatti, comin­ciando dall’assumersi, tutti, la respon­sa­bi­lità di cam­biare radi­cal­mente il sistema di acco­glienza in que­sto paese. Sono mesi che il Comune, gli ope­ra­tori delle Ong, i gior­na­li­sti di tutto il mondo, denun­ciano le con­di­zioni inci­vili e disu­mane del cen­tro. Nell’agenda del 2014 il par­la­mento deve inse­rire tra le prio­rità la revi­sione della legge Bossi-Fini-Maroni e pia­ni­fi­care la spesa dei fondi che ci ha dato l’Unione euro­pea».

Piano che c’è in carica il governo Napolitano: difficilmente l’esecutivo del Presidente trasformerà il bivacco di Lampedusa in un albergo a cinque stelle.

Ma l’indignazione, si sa, è contagiosa. E ne è stato contagiato anche il gio­vane depu­tato del Pd Kha­lid Chaouki: «Le respon­sa­bi­lità poli­ti­che per quello che è suc­cesso a Lam­pe­dusa sono del governo, così non va… è respon­sa­bile il mini­stro dell’Interno, ma è respon­sa­bile anche il mini­stro dell’Integrazione (Kyenge, ndr) che deve pas­sare dalle parole ai fatti, non bastano più le pro­messe». Si azzarda a chie­derlo anche Gianni Cuperlo, neo eletto pre­si­dente del Pd: «Dob­biamo avere il corag­gio di squar­ciare il velo di ipo­cri­sia e abo­lire subito la Bossi-Fini». E a ruota, fre­schi di indi­gna­zione, altri espo­nenti del mede­simo par­tito chie­dono a Enrico Letta di abo­lire la Bossi-Fini. Uno alla volta e senza spingere. Nel frat­tempo, ieri, altri 98 migranti sono stati sal­vati al largo di Lampedusa.