In un paese come il nostro, abituato ai lacchè della disinformazione petulante, quando qualcuno ci dice che farà questo e quello, la prima cosa che si chiede è: dove sono le coperture? Mancano le coperture!

Oddio, è vero che senza coperture non si va da nessuna parte e quindi servono. Ma è altrettanto vero che da vent’anni a questa parte solo oggi riusciamo a cogliere quel filo di speranza che ci permette – finalmente! – di riaprire gli occhi e dire a tutti che noi italiani siamo migliori di quanto abbiamo finora dimostrato. È un fattore di dissimulazione e di ostentata sicurezza che ci permette di tifare nuovamente Italia.

Giovedì scorso, all’indomani della televendita di Renzi, il Tesoro ha messo all’asta 7,75 miliardi di Btp. Come è andata? È andata che la domanda superava gli 11 miliardi e i rendimenti sono calati di 31 punti, un altro minimo storico. Significa che i mercati non hanno letto i giornali o le interviste degli attori che chiedevano le coperture e, anzi, si sono accontentati delle magnifiche slides dell’imbonitore Renzi? No, hanno semplicemente creduto alle promesse del premier come giusto che sia in questa delicata fase politica. Attenzione però: non hanno creduto al premier perché si chiama Renzi, semplicemente non hanno chiesto il bollino della Ragioneria dello Stato come quei campioni della stagnazione citati prima. I mercati hanno probabilmente capito che si deve finalmente voltare pagina rispetto all’arretratezza della nostra classe dirigente, il cui orizzonte non riesce mai ad oltrepassare il rassicurante tran tran quotidiano e clientelare dell’ordinaria amministrazione. È un male? Io credo di no.

Piano eh, ci vogliono le coperture per affermare talune tesi. Non siamo a Wonderland. Ma non è nemmeno un sudoku, l’economia reale. Sembra più un organismo vivente che gira attorno a noi, e i professoroni di Bocconi stavolta non hanno ottenuto l’impatto sperato. Per fortuna, aggiungo.

È passato quel tempo in cui si scrivevano numeretti alla rinfusa su sgualciti foglietti di carta, sommando e sottraendo all’occorrenza, mentre là fuori l’ecosistema Italia andava a rotoli e loro non si accorgevano di nulla. Il problema dell’Italia è la crescita; la crescita non la fanno i governi con i decreti ma i lavoratori, dipendenti e autonomi, gli imprenditori e i professionisti. Gira che ti rigira alla fine è sempre così che funziona. Per stimolare la crescita si devono necessariamente investire una certa quantità di soldi – meglio se tagliando la spesa pubblica piuttosto che aumentare le tasse – alleggerendo la burocrazia. Se poi il Pil crescerà nei prossimi mesi dell’1 per cento come promette Renzi, abbiamo automaticamente risolto il problema delle coperture.

È chiaro che tutte le previsioni sono opinabili, e dunque non resta che aspettare e sperare che le slides sortiscano il loro effetto trascendentale. Ma come abbiamo visto, la fase più importante nei provvedimenti presi in cdm è il telemarketing. Ed è questo che dà tremendamente fastidio ai campioni della stagnazione: che la televendita prevarichi il loro infinito pessimismo cosmico ostentato nei salotti dei talk-show. Ma il problema dell’Italia è che nessuna se la fila, nessuno se la compra.

Vendere il paese, i nostri trofei e le nostre eccellenze, è il vero compito di qualsiasi Presidente del Consiglio proprio perché è la parte più difficile del suo compito amministrativo. E se per vendere il paese agli investitori – sia stranieri che italiani – bisogna usare il telemarketing e la pubblicità, allora ben venga pure Wanna Marchi (come è stato chiamato il premier da quei campioni della stagnazione).

Guardate che siamo ai primi posti in tutte le classifiche sulla corruzione; non è più possibile pensare che la sola buona volontà ci porterà fuori dal baratro in cui siamo piombati da sei anni a questa parte. Per aiutare lo sviluppo, per aiutare il paese Italia, Renzi ha nominato il giudice Cantone a capo dell’Autorità contro la corruzione. Non è roba di poco conto. Come si percepisce il paese all’esterno è più importante di come vengano percepiti i nostri conti perché i conti possono essere facilmente manipolabili, la percezione di corruttibilità no. Investire significa puntare sul futuro, e per puntare sul futuro bisogna essere ottimisti. Quindi smettiamola di chiamarla comunicazione: si chiama Politica.