Il piano di Electrolux di portare gli stipendi degli operai italiani simili a quelli polacchi – da 1400 a 700-800 euro – ha praticamente fatto capire chiaro e tondo che l’azienda svedese non vuole più investire in Italia. Non ha, quindi, più nemmeno senso cercare di riportare la tensione ai livelli pre-crisi del settore: se l’Electrolux vuole subordinare la sua presenza e i suoi investimenti in Italia con una proposta che ha dell’incredibile, lo fa certamente per velocizzare la rottura e passare ad una completa ristrutturazione delle aziende nel nostro paese. Non ci sono altre strade.
Duole perché lo stabilimento causa della rottura è quello di Porcia, a due passi da casa mia. Dà fastidio soprattutto perché negli anni i comuni dell’hinterland pordenonese non hanno fatto nessun piano industriale tale da compensare l’eventuale perdita dello stabilimento purliliese. Duole, semmai, per i 1.200 dipendenti che a breve potrebbero ritrovarsi senza lavoro a causa della sciagurata manfrina politica che ha creato un recinto attorno al colosso dell’elettrodomestico. Per carità, stabilimenti come l’Electrolux sono un toccasana per l’economia locale; creare però un’infrastruttura che gira solo per loro è controproducente. “Il caso Zanonato” è poi il paradosso dell’incompetenza. E i risultati sono davanti a tutti.
Nel dettaglio della proposta uscita dopo l’incontro azienda-sindacati, l’Electrolux vorrebbe abbattere tutte le voci accessorie in busta paga. Il premio aziendale verrebbe abbattuto dell’80% portandolo dagli attuali 2.700 euro a circa 550; poi vorrebbero il blocco del pagamento delle festività, il dimezzamento di pause e permessi sindacali, il blocco degli scatti di anzianità e infine la riduzione delle ore lavorative giornaliere da otto a sei. Sembra una manovra lacrime e sangue; ma vedendola dall’esterno, però, l’unico dettaglio davvero importante è la riduzione del premio aziendale. Anche questo comunque è un falso problema, per Porcia. Alcuni punti del piano industriale dicono che gli investimenti dell’Electrolux per i nostri quattro stabilimenti prevedono 28 milioni di euro per Forlì, 40 milioni per Solaro e 22 per Susegana. Nulla per il sito friulano. Dalla Svezia rispondono che al momento per Porcia non c’è un piano, visto che è lo stabilimento che si è rivelato meno competitivo tra tutti. L’obbiettivo quindi è di abbattere drasticamente i costi dello stabilimento pordenonese entro aprile, abbattimento che arriverebbe sia dai sacrifici dei lavoratori che dai fondi messi a disposizione dal pubblico. E infatti: nei giorni scorsi giorni la Regione Friuli Venezia Giulia ha presentato un piano da 98 milioni di euro di interventi per rilanciare l’industria, mentre Unindustria Pordenone ha illustrato un contratto d’impresa che punta a ridurre il costo unitario del lavoro del 20%. In pratica le stesse identiche soluzioni trovate ogni volta si presenta una crisi del genere, risolta questa se ne aspetta un’altra. E via così.
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