Governo di alternativa non lo è per niente; è un governo di coesione, eventualmente: figlio del fiore all’occhiello che voleva un esecutivo a maggioranza femminile (e quella metà di donne, in Italia, lo è) ma con una prevalenza confindustriale. Il nuovo Renzi I si presenta al Parlamento con l’aria di rinnovamento portata dalle primarie ma che, nella realtà dei fatti, la rottamazione al governo non c’è stata. Quella speranza, Renzi, dovrà portarla altrove.

Il governo appena nato è il proseguo della stagione dei tecnici; con qualche politicante in più, certo, ma sostanzialmente è un Letta bis senza Letta. Ma non tutto è perduto. Dai nomi proposti si nota quanto sia immediatamente pal­pa­bile il pas­sag­gio del testi­mone che allenta la respon­sa­bi­lità del Quirinale. Lo ha voluto rimarcare Napolitano ai giornalisti, dopo quasi tre ore di consultazione tra il capo dello Stato e il capo dell’esecutivo: lo si è capito dall’esclusione della tecnica napolitiana Emma Bonino a scapito della renziana dell’ultim’ora Federica Mogherini, ex sottosegretario agli esteri.

Un governo prettamente tecnico per i nomi posti nei ministeri di riferimento (Economia, Sviluppo, Lavoro…), ma partorito soprattutto da quel manuale che Massimiliano Cencelli pose come base governativa alla DC sessantottina. Difatti, ad essere pignoli, se si guarda alle radici politico-culturali dei mini­stri, se ne con­tano 6 su 17 di matrice popolare (pre­si­dente del con­si­glio e il suo brac­cio destro esclusi). Il nuovo cen­tro­de­stra di Alfano può essere più che sod­di­sfatto, obiet­ti­va­mente e sarcasticamente (per noi) non poteva andar­gli meglio tenendo conto, anche e soprattutto, della grande scom­messa man­cata – l’istruzione, tema tanto caro al neopresidente – a una mon­tiana con­vinta pri­va­tiz­za­trice (la segre­ta­ria di Scelta Civica, Stefania Giannini, prima donna rettore di un ateneo italiano) e dello Svi­luppo eco­no­mico a una pasda­ran di Con­fin­du­stria come Federica Guidi, figlia del patron della Ducati. Oltre, natu­ral­mente, al man­te­ni­mento del mini­stero della Salute alla diver­sa­mente ber­lu­sco­niana Beatrice Loren­zin, e all’altro diverso, Maurizio Lupi alle Infrastrutture. Su que­sto impianto si inca­stra alla perfezione la nomina di Pier Carlo Padoan, ex direttore della fondazione dalemiana Italianieuropei, al Ministero dell’Economia per un più attento e particolare occhio di riguardo verso le richieste dell’establishment europeo.

Certo, poi ci sono i marcatori del Pd: il segretario che fa il premier, tre membri della segreteria – Mogherini agli Esteri, Boschi ai rapporti col Parlamento, Madia alle Semplificazioni; poi abbiamo Pinotti alla Difesa, Orlando alla Giustizia, l’ex segretario Franceschini alla Cultura (basta scrivere un libro per diventare esperti di politiche culturali?), il leader della lega delle cooperative Poletti al Lavoro, la promozione dell’ex sottosegretario all’Agricoltura Martina ai vertici del ministero, e per finire in bellezza – sempre col Cencelli in mano – la civatiana Lanzetta agli Affari Regionali. Quindi, almeno per serietà, non parliamo di larghe intese: al massimo di strette intese, oppure di necessarie intese. Fate vobis…

L’unico vero motivo per cui il neonato governo Renzi è diverso dal passato governo Letta, è che Forza Italia non sta in maggioranza. Anche se Berlusconi pare abbia detto il contrario finché non sarà pronto per le elezioni anticipate. Intanto, però, Alfano ha blindato l’Italicum fino all’approvazione della riforma del Senato, ciò significa che Angelino il deretano se l’è assicurato almeno fino alla fine dell’anno. Poi vedremo.

Il #cambiaverso renziano si otterrà solamente se questo governo riuscirà a portare a casa almeno la metà delle promesse che si è prefissato alla vigilia; in caso contrario ho paura che si avvererà la rottamazione di tutto il Pd, non solo del suo segretario.

Qui di seguito la squadra che Matteo Renzi ha messo in campo per salvare l’Italia e il filmato del giuramento del nuovo governo.

Presidente del consiglio: Matteo Renzi
Sottosegretario alla Presidenza: Graziano Delrio
Esteri: Federica Mogherini
Interni: Angelino Alfano
Economia: Pier Carlo Padoan (che sta tornando dall’Australia e giurerà domani)
Lavoro: Giuliano Poletti
Sviluppo economico: Federica Guidi
Difesa: Roberta Pinotti
Istruzione: Stefania Giannini
Giustizia: Andrea Orlando
Infrastrutture: Maurizio Lupi
Salute: Beatrice Lorenzin
Riforme, Rapporti col Parlamento: Maria Elena Boschi
Ambiente: Gianluca Galletti
Politiche Agricole: Maurizio Martina
Cultura: Dario Franceschini
Semplificazione: Marianna Madia
Affari Regionali: Maria Carmela Lanzetta

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