Stasera alle 19 ora locale (le due di notte in Italia), con i caucus repubblicani in Iowa, si apre ufficialmente la stagione delle elezioni primarie americane per stabilire chi sfiderà Obama a novembre. Sappiamo praticamente tutto dei candidati repubblicani, ma non abbiamo ancora spiegato come funzionano le primarie e l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Abbiamo scritto una breve guida con le principali regole da sapere.

Regole e funzionamento. A differenza dell’Italia in cui solo alcuni partiti propongono le primarie (il Pd per statuto e il Pdl dalla prossima tornata), negli Usa sono obbligatorie per legge e tutti i partiti sono tenuti a condurle. Nel 2008 i due partiti principali, Repubblicani e Democratici, hanno dovuto nominare entrambi il loro candidato tramite le primarie perché G.W. Bush era al secondo mandato e quindi non riproponibile; quest’anno Obama verrà ricandidato, per cui le primarie interesseranno praticamente solo i Repubblicani. Per legge però anche i Democratici sono tenuti a farle.
E’ facilmente comprensibile come questo tipo di elezione servono principalmente ai partiti per tastare il polso degli elettori e di conseguenza capire quale sia il candidato da proporre alle presidenziali di novembre. Negli Usa non esistono candidati “di diritto”, per cui tutti devono passare dalle primarie per ricevere la nomination ufficiale dal partito. La regola è valida per tutti, anche se per il presidente uscente le primarie diventano quasi esclusivamente un modo veloce per guadagnare la visibilità perduta, oppure per ritornare in quegli Stati da cui manca da più tempo: Obama parteciperà alle primarie solo in New Hampshire, Missouri, Louisiana e Oklahoma, sfidando solo candidati di facciata. La sua ricandidatura non è messa in discussione. Pertanto, visto e considerato che le primarie Democratiche tutto saranno tranne che interessanti, ci siamo concentrati esclusivamente su quelle del GOP (Grand Old Party, il nome con cui è conosciuto il Partito repubblicano che venne fondato da alcuni attivisti anti-schiavitù nel 1854. Il primo presidente repubblicano fu Abraham Lincoln. Il simbolo è l’Elefante).

Gli Stati Uniti sono un’unione di Stati federali, per cui ogni Stato ha regole diverse e giorni diversi. Ognuno porta alla convention un certo numero di delegati in base alla grandezza e all’importanza dello Stato: il candidato che prende più voti porta in dote una maggiore concentrazione di delegati. Si vota col maggioritario e col proporzionale: verranno eletti un numero di delegati proporzionali ai voti ricevuti, oppure il candidato che riceve il maggior numero di voti porta a casa tutti i seggi disponibili (si chiama Winner Takes all, chi vince prende tutto). In totale ci sono 2286 delegati, per vincere ne servono la metà più uno, 1144. Il totale comprende anche i 132 super-delegati, ossia i funzionari di partito, i deputati, i senatori, gli ex presidenti e così via. Il candidato che arriva alla convention di Tampa del 27 28 e 29 agosto col maggior numero di delegati ha di fatto la vittoria in tasca.

La differenza tra primarie e caucus è semplice da spiegare.

Le primarie sono delle vere e proprie elezioni con gli elettori che vanno nei seggi per votare il proprio candidato; i caucus sono qualcosa che assomiglia più ad un congresso di partito ma aperto a tutti i simpatizzanti. Nel caso di primarie l’elettore deve necessariamente essere iscritto alle lista elettorali. Si fanno in due modi: primarie chiuse e primarie aperte. Nel caso di primarie chiuse l’elettore deve essere iscritto alle liste elettorali del partito che le organizza; nel caso di primarie aperte possono partecipare tutti gli elettori, compresi i sostenitori di altri partiti purché iscritti alle liste elettorali. Negli Stati Uniti l’iscrizione alle liste non è un diritto acquisito al compimento della maggiore età come da noi, bensì occorre iscriversi volta per volta quando si vuole partecipare alle elezioni. Per votare basta diventare maggiorenni alla data del voto, non durante le primarie o i caucus.

Ai caucus partecipano esclusivamente i sostenitori del partito organizzatore recandosi al seggio in cui si vota (che possono essere luoghi pubblici o privati tipo chiese o case di sostenitori). Ogni candidato viene presentato da un sostenitore locale; si vota per iscritto e qualche volta per alzata di mano. Un’antica usanza vuole che finiti i discorsi i rappresentanti di ogni singolo candidato si dispongono agli angoli della sala, equamente distanziati tra loro, e inizia la votazione: per circa 15 minuti i presenti si vanno a posizionare intorno al candidato che intendono supportare, mentre gli indecisi rimangono nel centro della sala. Dopo questa prima “votazione” si contano i membri dei vari gruppi, i candidati che non hanno superato la soglia di sbarramento sono costretti a unirsi tra loro o ad unirsi a un gruppo che ha superato la soglia. Comincia a questo punto la seconda “votazione”, in cui i vari rappresentanti cercano di convincere i gruppi minoritari o gruppi più numerosi ad unirsi al loro e si assiste quindi ad un continuo via vai di persone. Alla fine si contano di nuovo i membri di ogni gruppo e i delegati in palio vengono ripartiti in maniera proporzionale. I delegati eletti non hanno il vincolo di sostenere alla convention il candidato per cui si è stati scelti, e quelle volte che è capitato è risultato indifferente al conteggio dei voti.

Convention. E’ il giorno in cui il partito ratifica ufficialmente le primarie. Oltre ai delegati eletti dalle urne, vi partecipano di diritto anche i 132 super-delegati. Quest’anno le convention si svolgeranno a Tampa, Florida, dal 27 al 30 agosto per i repubblicani, e a Charlotte, North Caroline, dal 3 al 6 settembre per i democratici.

Nomination. Il candidato che riceve il maggior numero di voti dai delegati durante la convention, riceve ufficialmente la nomination dal partito per la Casa Bianca. Il candidato alla presidenza dovrà avere almeno 35 anni di età, essere residente sul suolo americano negli ultimi 14 anni, ed essere nato negli Stati Uniti. Il candidato prescelto presenta anche il suo vicepresidente.

Elezione del Presidente. L’elezione del presidente non è diretta. Si scelgono in realtà 538 “grandi elettori” che vanno a far parte del Collegio Elettorale. Ogni Stato riunisce i membri del Collegio 41 giorni dopo l’Election Day e i loro voti vengono trasmessi al Senato. Il Congresso all’inizio di gennaio si riunisce in seduta comune, conta i voti e proclama il presidente. Il numero 538 è il risultato delle somma di 435 deputati e 100 senatori più i tre di diritto del District of Columbia, ovvero la capitale Washington (DC). Il numero magico per essere presidente è quindi 270.

Election Day. E’ il giorno delle elezioni. Per legge le elezioni devono tenersi a novembre per riuscire a contare i voti prima che il Congresso si insedi a gennaio. Dal 1845 è legge che si voti il martedì dopo il primo lunedì di novembre. Quest’anno quindi si voterà il 6 novembre.

I due candidati si sfideranno in una serie di dibattiti televisivi: il 3 ottobre all’Università di Denver (Colorado), il 16 ottobre all’Hosfra University (Hempstead, New York), il 22 ottobre alla Lynn University (Boca Raton, Florida). L’11 ottobre è previsto anche il dibattito dei vicepresidenti al Centre College di Danville (Kentucky).

In Iowa i favoriti sono Mitt Romney e Ron Paul, ma nelle ultime 48 ore si è fatto largo l’ipotesi Rick Santorum. Domani i risultati definitivi. In New Hampshire, dove tra una settimana esatta parteciperanno tutti e sette i candidati, si saprà quasi con certezza il nome del candidato che otterrà la nomination: storicamente proprio il vincitore di Concord arriva dritto dritto alla convention con il numero maggiore di delegati, e se i favoriti rimangono tali vedremo Romney vincitore sia nel New England che a Tampa.

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