La paura del coraggio

La House of Lords britannica ha pubblicato il mese scorso un report sulle implicazioni costituzionali del governo di coalizione (Con­sti­tu­tio­nal Impli­ca­tions of coa­li­tion govern­ment – Select Com­mit­tee on the Con­sti­tu­tion) per spiegare in maniera chiara, e soprattutto costituzionale, il piccolo terremoto politico che ha sconvolto la Gran Bretagna dopo le elezioni del 2010, anno in cui il conservatore Davide Cameron si è dovuto alleare con i liberal-democratici di Nick Clegg per formare un governo di maggioranza. Il termine ‘piccolo terremoto’ è quanto mai azzeccato perché nel Regno Unito era dal 1945 che non si vedeva un governo di coalizione, abituati com’erano al single-party govern­ment tra­di­zio­nale nell’esperienza bri­tan­nica, ovvero il bipolarismo (quasi) perfetto come lo si vorrebbe intendere in Italia.

Tecnicamente il single-party govern­ment – o “first past the post” – è un sistema elettorale con collegi uninominali nel quale ottiene il seggio il candidato che prende più voti. Non prevede premi di maggioranza, ma dato che è basato su un sistema maggioritario puro, è possibile – anche se abbastanza improbabile – che il voto popolare sia differente dai seggi conquistati. Ciò significa che se anche un partito riesce ad ottenere più voti, basta che l’altro conquisti più seggi per avere la maggioranza e governare. Si tratta, in genere, di un sistema che tende a dare una maggioranza forte nella Camera dei Comuni (l’altra, la Camera dei Lords, è formata da membri per diritto ereditario e membri nominati) ad un solo partito e a permettergli quindi di governare secondo le proprie politiche. Questo sistema, al contrario di quello che si può pensare, non esclude la rappresentanza parlamentare perché anche se i partiti minori sono fortemente sotto-rappresentati, riescono ad ottenere comunque dei seggi grazie ai collegi in cui escono vincitori. Si ha, di fatto, la rappresentanza territoriale pur non ottenendo grandi numeri. Con questo sistema, nella maggior parte dei casi, la governabilità è assicurata.

Dal 1945 ad oggi solo l’attuale governo Cameron si è dovuto alleare con un altro partito per garantire la governabilità. Questo dato ha portato in tutto il Regno Unito a delle forti critiche specialmente per il deficit di rappresentanza che esso porta in dote. Nel report citato sopra si sostiene che la prassi del partito singolo alla guida del paese sia in scadenza, e quindi la prospettiva di avere sempre più governi di coalizione è molto alta. Al contrario di ciò che accade in Italia, i Lords non gridano allo scandalo o al rischio governabilità, ma al contrario discutono di come le regole si devono man mano adattare al sistema politico in vigore. Esattamente il contrario di quello che si discute nel nostro paese.

I Lords cercano di stabilire delle regole ben precise, nei tempi e nei modi, per come va costituito e reso noto un accordo di coalizione; sul rapporto di forza tra i partiti contraenti nell’accordo e sulle opportunità di esplicitare il consenso o il dissenso sia dentro che fuori il Parlamento. Addirittura si chiedono se è possibile votare la figura del Primo Ministro in Parlamento (attualmente si vota solo il programma, è la Regina a nominare il premier) e si chiedono perfino se è possibile addossare al futuro capo del governo le responsabilità politiche del suo esecutivo. Insomma, si chiedono tantissime cose ma nessuna domanda verte verso l’eliminazione delle coalizioni di governo nel paese in cui la tradizione del single-party govern­ment è così fortemente radicata.

Ho fatto tutto questo preambolo semplicemente per dire che la rozza semplificazione politica del bipolarismo non potrà mai funzionare in un paese come il nostro, dove l’elettorato è diviso su tre fronti praticamente uguali e nessuno dei tre è mai riuscito ad ottenere una maggioranza schiacciante alle elezioni. In Italia, al contrario dell’UK, abbiamo bisogno del premio di maggioranza per governare perché le naturali regole vengono arti­fi­cio­sa­mente stravolte dal voto popolare. La mia critica è ancora più aspra quando noto che la nuova legge elettorale che verrà proposta oggi alla Camera, sintetizza il peggior concetto di democrazia elettiva stravolgendo ogni rapporto con la realtà politica del paese.

Un paese che ha il coraggio di cambiare non ha paura di una legge elettorale, ma del sistema corrosivo che la genera. Cambiando il sistema, rendendo più responsabili i nostri rappresentanti in Parlamento, dando l’opportunità all’elettorato di scegliere un solo rappresentante per collegio, si avrà la certezza di chi ha vinto e la certezza di una maggioranza alla Camera. Cambiando il sistema avremo sia una legge elettorale moderna che l’avvio della Terza Repubblica. Proviamoci!

This post was last modified on 14 Novembre 2018 17:04