Limonare con Putin

La regola numero uno dell’arte della guerra è, da sempre, mai marciare su Mosca. Lo diceva settant’anni fa il feldmaresciallo Montgomery, al contrario di Adolf Hitler che invece era convinto che l’Unione Sovietica fosse un edificio marcio cui sarebbe stato sufficiente sferrare un calcio al portone per vederlo sgretolare. Un errore ripetuto più volte, sia dai buoni che dai cattivi.

E in effetti l’occidente ha pensato seriamente che con gli anni novanta di Boris Eltsin la Russia fosse diventato davvero un cumulo di assi tarlate cui si poteva fare di tutto sotto il naso. Errore madornale: portare la Nato e l’Unione Europea sugli stessi confini del 1943, far credere ai popoli – sudditi dello zar prima, del comunismo poi – che la geopolitica fosse una roba che serve per giocare a Risiko, pronti a ripetere la strategia così sanguinosamente riuscita in Jugoslavia. Stati che esistono se ti fa comodo, elezioni che contano solo se vincono i tuoi, referendum separatisti buoni se a separarsi sono i tuoi.

E noi saremmo i buoni? Non devono aver letto quella frase di Putin riportata nel bellissimo Limonov di Carrère: «Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello. Chi non lo rimpiange è senza cuore». Io sto dalla parte di chi ha cervello ma non ha un cuore. Per stavolta.

This post was last modified on 3 Marzo 2014 9:06