Dato che Saccomanni, in un’intervista al Corriere, aveva temporaneamente ribaltato la critica posta da Renzi di aver ‘abbellito i conti’, e il ministro Padoan aveva ipotizzato sul Sole che i miliardi necessari per dare gambe al piano renziano di riduzione del cuneo fiscale potevano arrivare anche dai fondi Ue per le politiche di coesione 2007–13 rimasti inutilizzati, trovo abbastanza bizzarro che Stefano Fassina, ex portaborse dell’attuale responsabile economico, attacchi sia Rehn (“L’analisi della Commissione europea sugli squilibri macroeconomici è deprimente, sul piano intellettuale ancor prima che su quello economico”) che Padoan proprio sulla riforma della crescita.
L’inquilino di via XX Settembre chiarisce meglio il concetto: «L’obiettivo è il rafforzamento strutturale delle economie. Quindi perché non si potrebbero utilizzare quelle risorse su due capitoli oggi prioritari per quel rafforzamento, il mercato del lavoro e la capacità di competere delle imprese? È interesse dell’Europa intera, non solo dell’Italia». La spiega la trovo più o meno corretta, Fassina no: «Ho letto con preoccupazione anche la nota del Mef a commento dell’analisi dell’Ue, insieme alla prima intervista del ministro: viene ripetuto il mantra delle riforme strutturali come via della crescita. Ma non è così. Anzi, così il naufragio si avvicina. Perché occorrerebbe una radicale correzione di rotta, basata sulla domanda, nel prossimo programma di riforme nazionali».
Ora, dato che la risposta dell’ex viceministro è sostanziale, gli chiederei di provare la sostanza con una proposta valida tanto per non sembrare il solito gioco delle tre carte. È interesse dell’Italia intera, non solo dell’Europa.
This post was last modified on 14 Novembre 2018 17:04