Solo poche settimane fa, il presidente Trump ha perso le elezioni presidenziali – al di là che lo ammettesse o meno – ma sembrava ancora che avesse realizzato un’impresa straordinaria: il suo stile di non fare prigionieri in qualche modo rivendicava i risultati del 3 novembre. Con lui in cima alla catena di comando, l’affluenza repubblicana era aumentata, consentendo ai candidati del GOP di andare al ballottaggio evitando le grosse perdite che molti avevano previsto. La strategia della campagna di Trump di aumentare l’affluenza alle urne tra gli elettori bianchi della classe operaia, compresi molti che non avevano votato alle elezioni passate, sembrava aver dato i suoi frutti, almeno quanto bastava per illuminare il cammino del Partito Repubblicano.

Gli eventi di questa settimana hanno ribaltato tutto

Il Senato ora è dei Democratici, dopo che i senatori repubblicani della Georgia hanno perso le elezioni al ballottaggio segnate dai litigi di Trump con i leader Gop dello stato. E poi mercoledì, in quello che è diventato il giorno più buio nella storia del paese, Trump ha ordinato a un branco di suoi sostenitori di marciare sul Campidoglio e di “mostrare la forza”: in centinaia hanno preso d’assalto l’edificio e hanno saccheggiato la Camera e il Senato, nel tentativo fallito di impedire al Congresso di ratificare la legittima vittoria elettorale di Joe Biden.

Il caos ha provocato la morte di cinque persone, tra cui un ufficiale della polizia del Campidoglio la cui morte è stata annunciata ieri sera tardi, mentre la nazione guardava inorridita.

All’improvviso, la presa di Trump sul partito è sembrata allentarsi

E quindi, come stanno i leader repubblicani? In una parola: a disagio. Scossi dalla violenza di mercoledì – e ben consapevoli di quanto possa essere dannosa per la reputazione del partito tra gli elettori più moderati – numerosi repubblicani al Congresso hanno ritirato il loro sostegno a Trump. Ma quasi 150 legislatori del GOP, di cui più di 100 alla Camera, hanno finito per opporsi ai risultati del Collegio elettorale, creando un precedente straordinario.

La realtà è che Trump rimane la figura pubblica più popolare e influente tra gli elettori repubblicani

I sondaggi da novembre hanno costantemente dimostrato che la maggior parte dei repubblicani afferma di credere alle falsità del presidente sulla diffusa frode elettorale, tenendo ben in considerazione non solo la sua influenza personale, ma anche la volontà dei suoi sostenitori di scegliere narrative vicine a Trump rispetto alla lealtà verso le istituzioni. A complicare ulteriormente le cose, c’è il fatto che Biden ha fronteggiato in modo aggressivo gli americani moderati, compresa la classe media di periferia e gli elettori di centro-destra su cui il Partito Repubblicano si era fortemente basato fino un decennio fa.

Molti funzionari repubblicani ora riconoscono che senza il sostegno degli elettori anti-istituzionali, bianchi e della classe operaia – che rimangono ampiamente fedeli a Trump – sarebbero rimasti senza alcuna base elettorale. Tuttavia, i leader del GOP si sentono in trappola. Dopo i fatti di mercoledì, alcuni membri di spicco dell’amministrazione Trump si sono dimessi, tra cui Betsy DeVos, segretaria all’istruzione, ed Elaine Chao, segretaria ai trasporti e moglie del senatore Mitch McConnell, il leader repubblicano.

Le dimissioni sono state essenzialmente simboliche, dal momento che l’amministrazione sarà operativa solo per altri 12 giorni, e il gesto è per lo più come un tentativo di lavarsene le mani dopo essere stati costantemente al fianco del presidente negli ultimi quattro anni.

Alcuni osservatori e molti politici hanno invitato i membri del gabinetto di Trump a invocare il XXV Emendamento per spogliarlo dei suoi poteri, e almeno un repubblicano della Camera ha detto ieri che avrebbe appoggiato tale mossa. John Kelly, ex capo di stato maggiore di Trump, ad esempio, ha dichiarato ieri alla CNN che se fosse ancora nel governo sosterrebbe l’utilizzo del XXV Emendamento per estromettere Trump.

Il vicepresidente Pence, tuttavia,  parlando alla sua cerchia personale, si oppone a tale azione. Secondo il testo dell’emendamento, Pence e la maggioranza del governo dovrebbero essere d’accordo per rimuovere Trump dal potere prima del 20 gennaio.

Il teleprompter di Trump è tornato in azione

Prestando ascolto all’indignazione dei vertici del GOP, il presidente ha rilasciato ieri sera un breve discorso video in cui ha cupamente letto un testo già preparato, impegnandosi tardivamente in un pacifico trasferimento di potere. Questo accadeva appena 24 ore dopo aver pubblicato un video in cui esprimeva “amore” per i suoi sostenitori al Campidoglio e li chiamava “persone molto speciali”.

Ieri Trump si è dichiarato invece “oltraggiato dalla violenza, dall’illegalità e dal caos”. Contrariamente ai rapporti secondo cui si era opposto da subito all’invio di forze aggiuntive per riprendere il Campidoglio, Trump ha affermato di aver “schierato immediatamente la Guardia Nazionale e le forze dell’ordine federali per proteggere l’edificio”.

Ormai, questo ciclo di bugie fallimentari è diventato familiare: Trump, stavolta, ha infranto una marea di norme istituzionali ed è difficile dargli credito. Rimane quindi ancora la chioccia dell’indignazione, crogiolandosi nella confusione che ha scatenato. Alla fine, dopo 24 ore, offre una triste dichiarazione provata per bene dietro le quinte.

Social media

Il passo successivo del processo di solito prevede che Trump ritorni sui social media e riprenda da dove aveva interrotto, lanciando strali contro i suoi avversari e lamentandosi di un trattamento “ingiusto”. Ma questa volta potrebbe non avere la stessa opportunità di farlo.

Facebook impedirà a Trump di utilizzare le sue piattaforme almeno fino a quando non lascerà l’incarico, il 20 gennaio. Twitter lo ha bloccato per quasi 24 ore, dopo che mercoledì ha pubblicato il suo video lodando i sostenitori, sebbene il suo accesso sia stato già ripristinato.

The shocking events of the last 24 hours clearly demonstrate that President Donald Trump intends to use his remaining…

Pubblicato da Mark Zuckerberg su Giovedì 7 gennaio 2021

Con solo una dozzina di giorni rimasti all’inaugurazione di Biden, sembra che Trump stia finalmente permettendo che si svolgano le attività ufficiali di transizione. Ieri ha inviato una lettera ai suoi ambasciatori e ad altri incaricati politici chiedendo di dimettersi, mossa che un presidente a fine mandato avrebbe intrapreso settimane fa.

Il capo della polizia del Campidoglio si dimetterà la prossima settimana

Erano arrivate una serie di critiche, tra cui dalla speaker della Camera Nancy Pelosi, sul motivo per cui la polizia non era meglio preparata per l’attacco al Congresso. Molti hanno anche sottolineato che i poliziotti sembravano farsi da parte mentre i rivoltosi saccheggiavano l’edificio, chiedendosi com’è potuto accadere che così tante persone armate non venivano arrestate.

Ma Fox News, canale molto vicino al presidente, ha esortato a non giudicare i manifestanti nel loro insieme, perché, parlando con alcuni di loro, hanno risposto pacificamente: “who are extremely upset that they are being lumped in with individuals who would break windows”. Ragazzate, insomma.

È probabile che un buon numero di seguaci del presidente continuerà a seguirne la condotta aggressiva e fuori linea – e addirittura aspettarselo – anche dopo che avrà lasciato la Casa Bianca.

E quindi no, non è finita.