Tutta la fumosità dei media sulle dimissioni di Fassina, derivata ovviamente dalla schermaglia con Renzi, allontana spietatamente la politica dai due principali propositi del segretario democratico: la legge elettorale e il Jobs Act. Anche se Debora Serracchiani, durante la segreteria mattutina di ieri, ha ribadito che l’Italia è uno dei pochi paesi a non avere una regolamentazione sulle unioni civili, i punti principali della segreteria targata Renzi rimangono il lavoro e le elezioni.
Nel mirino c’è sempre il Nuovo centrodestra di Alfano. La tattica usata dai democrat è la guerriglia, almeno finché la Consulta non avrà motivato la sentenza sull’incostituzionalità del Porcellum. Inoltre, con Giorgio Napolitano garante del governo Letta-Alfano almeno fino alla fine del semestre europeo, l’unica strada che può percorrere il Pd di Renzi è quella di tenere sempre il pallino del gioco con la duplice prospettiva di tenere sulle spine l’esecutivo e innervosire gli alleati di governo – Alfano, appunto – in attesa che facciano un passo falso.
Renzi ha anticipato in conferenza stampa anche la campagna di primavera del Pd, con segreteria itinerante – laddove si voterà a maggio per le amministrative – in maniera di catalizzare l’attenzione di nuovi potenziali sostenitori. Il segretario Pd, a parole, non reputa importanti le elezioni europee perché, dice, pur essendo un passaggio importante, non sono lo spartiacque della politica mondiale.
Renzi poi dà merito a Mario Draghi di aver abbattuto lo spread (sul serio?), ma cerca di togliere la camicia di forza del 3% voluto dall’Europa perché senza sforare non si possono concretizzare le proposte sul lavoro. Renzi non parla di Jobs Act, pone invece particolare attenzione nei “mini-job” germanici, riforma a cui solo ora la Spd tedesca ha imposto una revisione. I Jobs Act, invece, sono stati rimandati alla Direzione nazionale del 16 gennaio, data in cui il segretario dice di poter portare all’attenzione dei delegati una proposta nata dalle discussioni già in atto con parlamentari, tecnici ed esperti del lavoro. Ma non con i sindacati.
Il dato certo è che Renzi ha imposto una road map che finisce col patto di coalizione, ossia quello che in teoria dovrebbe far andare avanti il governo. La priorità resta comunque la legge elettorale. Insomma, la Consulta si sbrighi perché il Pd renziano ha molta fretta.
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