Torno sul terzetto di dilettanti perché leggendo l’intervista del ministro Terzi su Repubblica di oggi capisco che il nostro responsabile agli Esteri ha la medaglia d’oro dell’inaffidabilità, per cui provo a fare un piccolo ma essenziale debunking. Terzi continua a motivare la scelta di non rimandare indietro i due marinai perché non c’erano le condizioni di vivibilità nel paese indiano:

Senza lo strappo non avremmo potuto contrattare con il governo indiano le condizioni attuali, che prevedono per loro condizioni di vivibilità quotidiana nel paese e la garanzia che non verrà applicata la pena massima prevista per il reato di cui sono accusati. Su questo adesso non abbiamo più preoccupazioni

Le condizioni di vivibilità di Girone e Latorre sono esattamente identiche a due mesi fa, cioè quando il 18 gennaio la Corte suprema indiana stabilì che i due marò venissero trasferiti nell’ambasciata italiana a New Delhi, sotto la nostra responsabilità e con l’obbligo di firma come qualsiasi persona soggetta a regime di libertà condizionale – quindi con la completa libertà di movimento in tutto il territorio indiano – in attesa del processo una volta formata la Corte speciale. Di più: la formazione di una Corte speciale è una pratica comune nel sistema legale indiano quando i tribunali si trovano di fronte a casi particolarmente rilevanti o internazionali. La pratica viene usata anche in quei casi in cui l’immunità degli indagati è funzionale, come lo è per Latorre e Girone. Il diritto indiano – come sanno anche gli stupidi – si basa su quello anglosassone, ovvero sui precedenti. La pena capitale è prevista e applicabile solo nei casi di “rarest of the rare”: casi di estrema rarità e crudeltà come per i serial killer, i pedofili assassini o per gli atti di terrorismo gravi (dal 1995 ad oggi gli indiani hanno eseguito solo quattro condanne capitali, l’ultimo è questo caso qui). A conferma di tale tesi, il ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid ha ribadito che il caso dei due marò «non è un caso ‘rarest of the rare’, non c’è rischio di pena di morte». E lo si sapeva da più di un anno.

Terzi Sant’Agata chiarisce che da due settimane a questa parte sono cambiate le condizioni, tanto da preoccuparsi per l’incolumità dell’ambasciatore Mancini:

La tensione è salita, si sono manifestate preoccupazioni anche per l’incolumità del nostro ambasciatore, la vicenda ha avuto un risalto internazionale che ha interessato anche l’Onu e la Ue. Noi abbiamo continuato a lavorare a tutto campo e questo ha consentito di poter fare con gli indiani alcune verifiche. Ritengo che la mossa di riportarli in Italia e comunicare che non sarebbero rientrati abbia avuto l’effetto che ci aspettavamo, clamore a parte. Le iniziative delle procure militari e civili inoltre hanno dimostrato che anche dal punto di vista della nostra giustizia Roma non sta con le mani in mano.

Ora, dire che era a rischio l’incolumità di Mancini è grossolano oltre che falso: al nostro ambasciatore è stata preclusa l’uscita dal paese DOPO che la Farnesina ha comunicato che i due marinai non sarebbero rientrati in India; l’interesse di Onu e UE è stato solo marginale come condizione accessoria all’immunità diplomatica di Mancini. Ciò significa che tutto il pasticcio combinato dal nostro ministero degli Esteri ha reso l’India indisponente al punto di ritenersi al di sopra della diplomazia internazionale, finendo per bloccare Mancini a New Delhi. L’UE si è chiamata fuori dal ginepraio Italia-India chiarendo che «non essendo parte in causa della disputa» non poteva, legalmente, prendere nessuna posizione ufficiale. Di fatto però ha lavorato per raggiungere una soluzione pacifica tra i due paesi basato sul dialogo e non sulla disputa a colpi di carte bollate lanciate negli occhi.

Nella realtà la vicenda nasce dal fatto che l’India si è rifiutata di consegnare la documentazione sul caso Enrica Lexie – testimonianze locali, risultati balistici, rilevazioni satellitari sulla posizione della nave, ecc – tutto per far valere il diritto di continuare l’iter legale nel Paese. Tutt’al più che la procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio volontario, la procura militare si è limitata invece ad aprire un’istruttoria per “violazione di consegna e dispersione di materiale di armamento militare”: in pratica la colpa di Latorre e Girone è quella di aver sparato sprecando proiettili. Insomma, un insulto nei confronti dei due morti, col risultato di aver fatto arrabbiare parecchio – e ci credo! – la procura indiana al punto di non collaborare con la Farnesina per le documentazioni inerenti al caso di omicidio. A questo punto la procura militare ha pensato di passare gli incartamenti alla procura civile perché resasi conto, finalmente, che il crimine è decisamente più grave. Che geni eh?

La perla di saggezza Terzi se la riserva alla fine:

Sanno di avere il sostegno del governo italiano e l’impegno dell’Italia a far si che la situazione si risolva nel migliore dei modi. In tutti i casi vogliamo riportare i nostri due fucilieri a casa. Deve essere chiaro che il nostro sforzo non finisce qui. Con l’India abbiamo aperto adesso un canale di comunicazione diplomatica e giuridica che riparte da presupposti diversi, e che si basa sul principio del mutuo rispetto tra i due paesi, così come ha chiesto l’Onu più volte.

Schettino abbandona la nave, ma il comandante De Falco lo rimanda a bordo.