La deci­sione del presidente Grasso di far costituire parte civile il Senato nel processo sulla compravendita di senatori da parte di Berlusconi, apre un sipario inedito e pericoloso per il proseguimento della legislatura. Aldilà della fattibilità del provvedimento – Grasso, pur nei suoi poteri, ha delegittimato l’orientamento dell’Ufficio di Presidenza: se l’intenzione era già stata presa, non vedo alcun motivo per convocare la riunione – la situazione potrebbe complicarsi dal momento che Berlusconi è uno dei protagonisti per far approvare la legge elettorale e la modifica del Titolo V della Costituzione.

Il patto con Renzi era stato stipulato con una precisa e chiara convenienza per entrambi. Con la costituzione parte civile nel processo contro Berlusconi, i toni del dibattito, soprattutto al Senato, inevitabilmente andranno ad aumentare. Un Cavaliere nuovamente sul piede di guerra non faciliterà i compiti del segretario Pd – soprattutto a margine della direzione di stasera – nel convincere parte dei forzisti ancora ostici e specialmente quell’ala intransigente dei suoi che vedono la legge elettorale (e l’accordo con “il principale schieramento a noi avverso”) come fumo negli occhi di una segreteria con l’uomo solo al comando.

Mettendo da parte la legge elettorale che a fine mese verrà consegnata a scatola chiusa ai parlamentari, quello che fa più paura al Pd renziano è la legge sulla modifica del Senato che vor­rebbe tra­sfor­marlo in un’assemblea di sindaci e pre­si­denti di regione coop­tati in fun­zioni legi­sla­tive. Questo provvedimento è decisivo perché la resistenza corporativa dei senatori – che hanno assurdamente proposto di can­cel­lare la Camera – è fondamentale per il proseguimento dell’iter burocratico; se aggiungiamo la contrarietà della Lega e parte dei democratici, si evidenzia come l’acuirsi dell’acredine con Berlusconi non renderà facile la vita al provvedimento. Il dato certo, in questo momento, è che al Cavaliere non mancano argomenti per far saltare il banco, e questa, ovviamente, non è una situazione da prendere alla leggera.

Per Berlusconi, dunque, si sta per aprire un altro fronte di guerriglia urbana che porterà inevitabilmente ad un’altra fase di opposizione ad un governo sempre più impopolare e politicamente sempre più debole. Non basta, o almeno non basterà nell’immediato futuro, le convergenze Letta-Renzi sulla durata di questo esecutivo; ed è oltremodo inefficace da parte di Renzi logorare il Presidente del Consiglio con diktat più o meno utili. Ovvero: è possibile ancora fare l’azionista di maggioranza e principale critico dell’esecutivo? Anche perché, al netto di tutti i ministri renziani che si volessero nominare, basterebbe davvero molto poco per diventare da salvatore della patria a paria della patria. Ed è probabilmente in quest’ottica che Letta parteciperà alla direzione nazionale di oggi, con l’intento non affatto celato di difendere il suo mandato dagli attacchi fraterni di Renzi. Perché è chiaro che il proseguo del mandato, Letta, deve giocarselo con i suoi, non con i nemici.