Nell’intervista rilasciata ieri a Repub­blica, Marchionne dice che se non crolla nuovamente il mercato tutti gli operai in cassa integrazione rientreranno nelle fabbriche. Sarà l’adrenalina ancora in circolo dopo l’acquisizione del 100% di Chry­sler, ma le parole dell’ad Fiat – senza prove concrete e senza dati di fatto – sono da prendere solo come un atto di fede.

Marchionne, invece di convocare governo e sindacati per spiegare il prossimo piano industriale torinese, si limita a dire che non ne discuterà con nessuno ma promette che l’Alfa non verrà venduta ai tedeschi, il nuovo suv Maserati sarà costruito interamente in Italia, la Borsa principale sarà New York e la nuova sede operativa Fiat sarà in Olanda per motivi fiscali. Parole che sanno di ottimismo puro, ma dette dalla stessa persona che quattro anni fa presentò “Fab­brica Ita­lia” come il più innovativo sistema industriale italiano, suonano quantomeno dubbie.

Il super manager Fiat ha garantito che Cassino, Mirafiori, Termini Imerese, Melfi e Pomigliano riprenderanno a pieno regime nel giro di un anno: «Nel polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, com­preso un nuovo suv e qualcos’altro che non le dico. A Melfi la 500 X e la pic­cola Jeep, a Pomi­gliano la Panda e forse una seconda vet­tura. Rimane Cas­sino, che strut­tu­ral­mente e per capa­cità pro­dut­tiva è lo sta­bi­li­mento più adatto al rilan­cio Alfa Romeo. Mi impe­gno: quando il piano sarà a regime la rete indu­striale italiana sarà piena, natu­ral­mente mer­cato permettendo». Quindi la pro­messa è di satu­rare tutti gli impianti, anti­ci­pando che le risorse ver­ranno da un “pre­stito con­ver­tendo” con­cesso dalle ban­che, ma senza rive­lare le cifre.

Quando parla di rilancio, Marchionne non dice assolutamente nulla su come e quando verrà rilanciato il marchio e la nuova società che sta per nascere. Negli Stati Uniti, prima di rilevare Chrysler, non ha concesso inter­vi­ste scoop a nessuno: ha stretto accordi con Obama e i sin­da­cati dicendo quanto ci met­teva, come faceva a ridare indie­tro i soldi, quali modelli faceva e quali tecno­lo­gie uti­liz­zava. In Italia invece parla sui giornali snobbando le sedi ufficiali.

Va benissimo, per carità, se non ci mettiamo un pizzico di ottimismo adesso, nel sesto anno di crisi feroce, è meglio chiudere baracca e prendere un aereo per la prima repubblica delle banane che troviamo sulla mappa. Però, proprio perché ne abbiamo viste di tutti i colori, le parole di Marchionne sembrano un film già visto e senza prove, senza nemmeno un tavolo di discussione con le parti sociali, anche il fantastico Obama stenterebbe a credere alle parole del top manager torinese. Insomma, ci vuole proprio un atto di fede per prendere come oro colato le promesse di Marchionne. Ma gli italiani, si sa, sono un popolo di credenti.