Le penalizzazioni inflitte alla Juventus, proprio prima della partita contro l’Empoli, hanno sollevato molte discussioni. Una vittoria avrebbe potuto avvicinare la squadra di Allegri a soli 2 punti dal Milan in vista dello scontro diretto di domenica scorsa. Era l’opportunità per dimostrare orgoglio, ma dopo una stagione estenuante e piena di problemi, le energie forse non erano sufficienti.

Lo scoramento per la sentenza e la possibilità di un’esclusione dall’UEFA hanno inevitabilmente influenzato il morale dei giocatori. È impossibile quantificare l’impatto emotivo che gli eventi esterni hanno avuto sul campo.

Ciò che è innegabile è che la Juventus ha dimostrato, per la maggior parte del tempo, un calcio di bassa qualità e scarsa efficacia. La sconfitta contro l’Empoli non è stata solo un episodio isolato, ma si inserisce in una serie di prestazioni deludenti e risultati negativi.

Contro il Milan c’era ancora la possibilità di tenere aperte le speranze di qualificazione alla Champions. I rossoneri affronteranno l’Hellas Verona, che lotta per la salvezza, nell’ultima giornata. Questa situazione, insieme all’importanza della sfida, avrebbe dovuto essere una ragione sufficiente per motivare i giocatori bianconeri. Era anche l’ultima partita casalinga del campionato.

Tuttavia, la partita contro il Milan è stata giocata in uno stadio silenzioso e irreale; la Juventus si è dimostrata come una squadra molle, confusa e disorganizzata. Ai ragazzi di Pioli bastava un pareggio per assicurarsi la qualificazione alla prossima Champions League, e un gol episodico ma spettacolare di Giroud è stato sufficiente.

Juventus e Milan, sempre gli stessi problemi

Nel confronto con il Milan, Max Allegri ha optato per una formazione audace, schierando Kostic, Di Maria e Chiesa fin dal primo minuto. La Juve ha adottato un 4-2-3-1 insolito per la stagione, affrontando l’annoso dilemma della convivenza tra questi tre giocatori: Chiesa sulla destra, Kostic sulla sinistra e Di Maria al centro dietro Moise Kean. D’altro canto, il Milan ha schierato la sua formazione tipica di questa fase finale, con Thiaw e Tomori al centro della difesa, Messias sulla fascia destra e Brahim Diaz in mezzo al campo.

La Juventus ha cercato di sostenere il suo schieramento più offensivo con un pressing alto, non consueto. La chiave di questo pressing – e quindi dell’opportunità per il Milan di evitare la pressione avversaria – si trovava nella zona centrale. Qui i bianconeri si sono confrontati con i due centrali rossoneri grazie a Kean, mentre Di Maria, posizionato nella zona di Krunic, ha esercitato pressione su uno dei centrali.

Il pressing della Juventus è stato, come sempre, poco organizzato nelle intercettazioni e nell’orientamento del gioco avversario, sempre a rischio di sfilacciarsi e allungare la squadra.

Nonostante ciò, la scarsa qualità del gioco di costruzione del Milan ha consentito al pressing alto della Juventus di recuperare qualche pallone, diventando di fatto la loro arma offensiva migliore. Tuttavia, nel duello tra un pressing disorganizzato e una costruzione di gioco lenta e limitata, il Milan è riuscito talvolta a portare il pallone a Krunic, libero alle spalle della pressione offensiva della Juventus.

Le scelte dei due allenatori si intrecciano, mentre i problemi di sempre emergono

I bianconeri non avevano motivo di preoccuparsi. Rinchiudendosi nel loro solito 4-4-2 nella metà campo, sono riusciti a contenere l’attacco posizionale del Milan, privo di idee e soluzioni – come spesso accade di recente. In fase di attacco, i rossoneri si sono schierati nel consueto 4-3-3, con Tonali che abbandona la sua posizione accanto a Krunic per occupare quella di mezzala sinistra e interpretare il ruolo di supporto per le palle giocate a Giroud, cercando di sfruttare gli spazi lasciati dalle squadre avversarie tra il terzino destro e il difensore centrale. Dall’altro lato, Diaz (nella posizione di mezzala destra) è stato utilizzato come al solito per consolidare il possesso e variarne il ritmo con le sue conduzioni nervose.

I terzini rimangono piuttosto bloccati, gli esterni isolati in ampiezza e una netta divisione dei compiti e delle posizioni contribuiscono a creare un attacco rigido e poco fluido, dipendente principalmente dalle iniziative individuali di Leão o, ancora di più, dal lavoro di Giroud. Un lavoro da “centro-boa” che consiste nel ricevere palloni per destabilizzare la difesa e creare spazi da attaccare, oltre a essere un puro finalizzatore.

Il confronto tra Juventus e Milan è stato mediocre

Al quarantesimo minuto del primo tempo, senza che il Milan avesse creato vere occasioni pericolose, le doti di Giroud regalano ai rossoneri il gol della vittoria. È stata la migliore giocata tecnica di una partita povera dal punto di vista dello spettacolo: l’attaccante scivola dietro Gatti e, in retromarcia, colpisce di testa centrando perfettamente l’angolo sinistro della porta difesa da Szczesny.

Fino a quel momento i bianconeri avevano avuto un leggero vantaggio, soprattutto grazie a Kean e Chiesa nelle transizioni rapide. Tuttavia, la Juventus ha avuto difficoltà nell’attacco posizionale, lottando per scardinare il blocco difensivo basso del Milan.

Nonostante il cambio di modulo e la presenza di Di Maria nella posizione di trequartista, la Juventus ha trascurato l’opportunità di sviluppare un gioco interno per superare la difesa avversaria. Si è affidata principalmente al gioco sulle fasce, cercando di sfruttare i singoli giocatori con la capacità di portare palla. Il risultato è stato un attacco prevedibile, incapace di mettere in difficoltà la difesa avversaria, consentendo al Milan di proteggere la propria porta senza troppi problemi.

Il gol di Giroud ha ulteriormente complicato le cose per una Juventus fragile in questa stagione. La necessità di aumentare il ritmo del pressing per pareggiare la partita, insieme alla fatica accumulata, ha ridotto l’efficacia della pressione bianconera, che, all’inizio del secondo tempo, si è spesso trovata divisa in due. La linea difensiva e i centrocampisti erano distanti dalla linea del pressing, facilmente superata anche a causa delle distrazioni di Chiesa e Di Maria. Allegri ha cercato di rimediare aggiungendo un centrocampista e passando al 4-3-3, ma non ha portato miglioramenti significativi in fase offensiva. La Juventus non ha modificato il proprio approccio in attacco e la presenza di Milik, meno dinamico rispetto a Kean, ha favorito la difesa del Milan.

Il Milan ha creato meno

Va detto che il Milan ha creato ancora meno della Juventus, ma la differenza è stata la bravura di Giroud che ha mascherato i problemi di un attacco rigido e poco creativo. Calabria ha dominato il duello con Kostic e successivamente con Iling Junior, mentre Theo Hernandez ha controllato bene Chiesa, che ha faticato a giocare in una squadra con un gioco lento e perimetrale. Oltre alle discussioni sul suo ritorno dall’infortunio, Chiesa ha bisogno di un contesto tattico che gli permetta di sfruttare il suo talento attraverso isolamenti e squilibri avversari. In breve, al Milan è bastato poco per vincere la partita.

Una riflessione sul futuro

Il secondo ciclo di Massimiliano Allegri sulla panchina della Juventus si è concluso con una dichiarazione che ha lasciato perplessi molti tifosi. Nonostante i numerosi cambiamenti nella squadra, la proposta di gioco del tecnico non ha subito variazioni significative, portando a risultati deludenti. La difesa a basso baricentro e la mancanza di un sistema di transizioni offensive efficaci hanno reso la squadra passiva e poco incisiva in attacco. L’approccio di attaccare su campo largo, riducendo la struttura di palleggio, ha limitato la creatività e la manovra nel centrocampo avversario. Alcuni giocatori si sono adattati meglio a questa strategia – Rabiot e Kostic – ma il disegno tattico è stato imposto senza considerare le qualità individuali della rosa. La mancanza di miglioramenti nel tempo e l’incapacità di adattarsi sono le principali critiche rivolte ad Allegri.

Nel frattempo, il Milan si è assicurato la qualificazione alla prossima Champions League grazie anche alle vicissitudini dei rivali bianconeri. Nonostante una semifinale di Champions League che ha evidenziato il potenziale della squadra, la sensazione generale è che il Milan abbia fatto un passo indietro rispetto alla stagione precedente. La squadra ha perso la verticalità, l’intensità e il pressing offensivo che l’hanno contraddistinta come campione d’Italia. L’approccio più statico e prevedibile ha limitato la fluidità in attacco e ha reso la squadra più rigida. Il Milan ha spesso giocato in contesti tattici sfavorevoli e i difetti dei giocatori sono emersi con maggior chiarezza.

Nonostante l’incertezza sulla permanenza di Stefano Pioli come allenatore, sia lui che la dirigenza del Milan dovranno affrontare una serie di sfide per consolidare la posizione di vertice. Rinforzare la rosa e lavorare sulla tattica saranno cruciali per affrontare la prossima stagione, ma i proventi della Champions League rappresentano un buon punto di partenza.