Esattamente centoquaranta anni fa Carlo Collodi finiva di pubblicare “Le avventure di Pinocchio”, un libro ancora attualissimo che ci mostra i difetti e le virtù degli italiani in modo ironico e spietato, una piccola enciclopedia di quei caratteri e vizi nazionali che meglio hanno resistito all’usura del tempo.

Cosa ci insegna oggi Pinocchio?

Per il tema di oggi parto dal capolavoro di Carlo Collodi, pubblicato per la prima volta nel 1881 e finito, appunto, nel 1883, centoquaranta anni fa. Un libro che racconta la storia di un burattino ribelle e curioso, che si imbatte in una serie di avventure e personaggi che sono lo specchio dei difetti e delle virtù degli italiani.

La famiglia, per esempio, è uno dei valori fondamentali della nostra cultura. Ma come la rappresenta Collodi? Con una satira feroce e ironica: un padre povero e ingenuo come Geppetto, una madre assente e sostituita da una fatina capricciosa, uno zio burbero e severo come mastro Ciliegia, un cugino malvagio e avido come Mangiafuoco. Sono le famiglie disfunzionali e conflittuali che vediamo spesso in tv, dove si litiga per soldi, eredità, tradimenti.

E che dire dell’istruzione, dell’amore per la cultura e la conoscenza? Pinocchio ne fa a meno volentieri: butta via il suo sillabario appena comprato da Geppetto, assiste divertito al rogo dei libri organizzato dai compagni di scuola, legge solo una volta nella vita, per scoprire che il suo amico Lucignolo è morto. Pinocchio preferisce l’avventura alla noia dello studio, la libertà alla disciplina, l’esperienza alla teoria. È il simbolo di un paese che non crede nel valore dell’educazione, che disprezza i sapienti e i dotti, che si fida solo del proprio istinto e della propria fortuna.

Il nostro alter ego

Ma Pinocchio non è solo un antieroe negativo, è anche un personaggio positivo e affascinante. È capace di trasformarsi, di adattarsi, di sopravvivere. È bugiardo ma sincero, disobbediente ma generoso, egoista ma coraggioso. È la divinità lignea di un paese che cambia continuamente, che si reinventa ogni giorno, che non si arrende mai. È il nostro alter ego, il nostro specchio deformante, il nostro mito.

Pinocchio ci parla ancora oggi perché è una storia universale e senza tempo. Una storia che ci fa riflettere sui nostri vizi e le nostre virtù, sulle nostre contraddizioni e le nostre speranze. Una storia che ci fa sorridere e commuovere, che ci fa sognare e pensare.

Dal cartone Disney “Pinocchio” vincitore di due Oscar nel 1941

Lucignolo: “Conosci il Paese dei Balocchi?”.
Pinocchio: “No, è la prima volta che ci vado!”
Lucignolo: “Anch’io! Ma so che è proprio un bel posto! Niente scuola, né maestri, è una pacchia, non si studia mai e nessuno ti scoccia!”.
Pinocchio: “A me hanno dato…”. 
Lucignolo: “E dolci dappertutto, puoi rimpinzarti! Sì, è tutto uno sbaffo!”.
Pinocchio: “Mi hanno dato…”.
Lucignolo: “Una vera cuccagna! Non vedo l’ora d’esserci!”.

Non chiedetemi perché ma a leggere il Pinocchio di Collodi mi viene in mente il Salvini che esulta per l’affermazione di Wilders in Olanda. Nel paese dei Balocchi, i sovranisti italiani possono esultare se un nazionalista con i fiocchi si afferma in un paese europeo. Nella realtà, ogni nazionalista che si afferma in Europa rappresenta una minaccia per la difesa del nostro interesse nazionale. Più nazionalismo tra i paesi europei uguale meno solidarietà in Europa. Meno solidarietà in Europa uguale più guai per l’Italia.

Wilders: “Una vera cuccagna, non vedo l’ora di esserci!”.