Nella Relazione al disegno di legge numero 935, Giorgia Meloni presenta il referendum sulla riforma costituzionale come una scelta semplice: o i cittadini decidono chi li governerà o i partiti si impongono sulla loro volontà. Questa è la sua tesi, che sostiene con l’argomento che la riforma rafforzerebbe la democrazia, dando più potere agli elettori nella scelta del governo. Ma è davvero così? No, non lo è. La riforma non solo non garantisce una maggiore rappresentatività degli elettori, ma introduce anche dei rischi per l’equilibrio dei poteri e la stabilità istituzionale.

Il referendum come arma della destra

Ma questa è una falsa semplificazione. Dietro l’idea dell’elezione diretta del premier, si nasconde una visione della politica che favorisce la destra. Una visione che si basa sull’identità, sul carisma e sull’autorità di un capo. Un capo che decide per tutti, che ci protegge dai pericoli, che ci libera dalle responsabilità. Questa è la cosiddetta “democrazia plebiscitaria“, che il sociologo Max Weber descriveva come una democrazia “subordinata a un capo”. In questa democrazia, il potere si concentra nelle mani di una persona, che sembra legittimata dalla volontà popolare. Ma in realtà, il popolo diventa solo un gruppo di sudditi, non di cittadini. Insomma, la riforma costituzionale in approvazione è molto vicina alla descrizione di Weber.

Per contrastare questa visione, dobbiamo ribadire il vero significato della sovranità popolare. La sovranità popolare non è solo il diritto di votare ogni tanto. È il diritto di partecipare attivamente alla vita politica, di esprimere le nostre opinioni, di controllare i nostri rappresentanti, di influenzare le decisioni. È il diritto di emanciparci, di autodeterminarci, di essere diversi e conflittuali. La sovranità popolare non viene dal popolo, ma appartiene al popolo. E per questo, deve essere esercitata in modo continuo e permanente.

La riforma costituzionale depotenzia la sovranità popolare

Quando votiamo solo per scegliere il decisore e la sua maggioranza, la sovranità popolare si indebolisce, non si rafforza. È come se fossimo il popolo di Rousseau, che rinuncia alla sua libertà il giorno del voto e poi diventa schiavo per cinque anni. In un sistema dove il Parlamento ha il ruolo centrale, il rapporto tra rappresentati e rappresentanti resta vivo grazie al ruolo dei partiti. I partiti sono gli strumenti che ci permettono di partecipare alla politica, di esprimere le nostre idee, di controllare i nostri governanti.

La rappresentanza politica non deve essere una finzione, ma una realtà. Per questo, partiti e parlamentari devono rinnovarsi e rigenerarsi ascoltando le esigenze di una società vivace e dinamica. Solo così si può costruire una democrazia effettiva e plurale, che rispetti la diversità delle opinioni e delle posizioni.

Diversamente, la logica dell’elezione diretta e del premio di maggioranza (senza soglie minime e sbarramento) viola l’uguaglianza del voto, esclude i perdenti, e, in sintonia con l’esclusione sociale promossa da competitività e meritocrazia, soffoca il pluralismo. Se guardiamo al mondo, vediamo che l’espulsione è la parola chiave per capire cosa sta succedendo (Sassen).

Nelle forme e nei limiti della Costituzione

Come possiamo rafforzare la democrazia e la sovranità popolare nel nostro paese? Questa è la domanda che dobbiamo porci di fronte alla proposta di riforma costituzionale che vuole introdurre l’elezione diretta del premier e il premio di maggioranza al 55%. Questa proposta, secondo me, non solo è in contrasto con i principi della nostra Costituzione, ma anche con i valori di una società pluralista e inclusiva.

La rappresentanza politica non si basa sulla finzione di un capo carismatico che incarna la volontà del popolo, ma sulla delega responsabile e controllabile dei cittadini ai loro rappresentanti che devono essere espressione di una varietà di interessi, opinioni e culture. Per questo, i partiti e i parlamentari devono essere trasparenti, aperti al dialogo e al confronto, capaci di ascoltare le esigenze e le proposte della società civile. Solo così si può garantire una democrazia effettiva e plurale, che non escluda nessuno e che rispetti l’uguaglianza del voto.

Una politica polarizzata

L’elezione diretta del premier, invece, favorisce la personalizzazione e la polarizzazione della politica, riducendo la scelta a due candidati imposti dai partiti maggiori. Il premio di maggioranza al 55%, poi, elimina ogni possibilità di rappresentanza per le minoranze, creando una maggioranza artificiale che non riflette la reale composizione del paese. Questa logica, inoltre, è coerente con quella dell’esclusione sociale che domina il nostro sistema economico, basato, come scritto sopra, sulla competitività e sulla meritocrazia. Chi non ce la fa, chi non si adegua, chi è diverso, viene espulso dal mercato e dalla società (sempre Sassen).

La sovranità popolare, al contrario, si realizza nel rispetto della Costituzione, che limita il potere attraverso equilibri e contropoteri, garantendo i diritti fondamentali di tutti. Non possiamo accettare che si introducano elementi presidenziali nella nostra forma di governo parlamentare senza una vera discussione pubblica e senza una revisione complessiva della Carta. Questo sarebbe un modo per mascherare il premierato di fatto che già esiste nel nostro paese, dove il capo del governo ha troppo potere e troppa discrezionalità.

Il referendum costituzionale

Per questo motivo, dobbiamo prepararci al referendum (oppositivo, non confermativo) ed esprimere il nostro dissenso con lo spirito che caratterizza e si manifesta ogni giorno nelle lotte sociali che animano il nostro territorio. Ripartiamo dalla sostanza della sovranità popolare come partecipazione permanente e sostanziale: è questa la vera forza della democrazia.

Un modo per contrastare la manipolazione della partecipazione politica da parte di chi detiene il potere decisionale è promuovere una partecipazione dal basso, che sia in grado di prevenire le derive autoritarie e di garantire una rappresentanza autentica e un Parlamento forte.

Inoltre, seguendo le analisi di Polanyi sul legame tra capitalismo e autoritarismo, dobbiamo riconoscere che le «criticità… in campo economico e sociale» non dipendono da instabilità dei governi e volatilità delle maggioranze, ma dalla stabilità trasversale intorno all’agenda neoliberista.

Per questo, è necessario attuare la Costituzione, tutta, perché non basta salvaguardare il disegno istituzionale se non si realizza il presupposto e l’obiettivo, la democrazia sociale, in coerenza con una sovranità popolare che richiede una partecipazione effettiva sul piano politico, sociale ed economico.

La sovranità popolare non viene dal popolo, ma appartiene al popolo. Se solo la sapessero usare…