C’erano una volta le guerre, quelle ideologiche o di potere. Oggi ci sono le guerre finanziarie. Quello per cui oggi si combatte non è il potere di acquisire nazioni o popoli di culture e lingue diverse, ma prendersi i soldi degli altri, meglio se cittadini che campano con i loro miseri risparmi senza potersi permettere la barca in Costa Azzurra o la settimana bianca a Cortina. Ed è alimentata dallo sciacallaggio politico.

È una guerra ideologica anche questa, però fatta di un’ideologia diversa da quella per cui anche noi, miseri mortali, siamo abituati a combattere tutti i giorni. È la guerra della finanza e della crisi globale.

È la crisi nata dalla banche ma ripercorsa ad ogni angolo del mondo da tutti i tizi capaci di creare business dalle sciagure altrui. Non si risparmiano nemmeno i politici, anzi loro sono gli artefici della pièce teatrale in questi giorni di default e di governi tecnici – o pseudo tali – di cui ci si arrovella in Italia.

È il governo degli Irresponsabili, come li chiama Michele Brambilla sulla Stampa: quei parlamentari che si dicono contrari al governo tecnico – o di unità nazionale come piace chiamarsi – perché non è per “il bene del Paese”.

Di questa ristretta cerchia di combattenti della libertà (quale?) fanno parte la Lega e, soprattutto, Tonino Di Pietro. Due componenti che, volente o nolente, hanno creato consenso in questi anni bui di berlusconismo.

Di Pietro. Il leader dell’Idv è quanto di più disprezzante possa essere oggi la classe politica: dopo anni di apprendistato alle spalle di Berlusconi come estremo oppositore delle leggi ad personam del non ancora ex presidente del Consiglio, Tonino, quando serve una compattezza totale della classe politica, si schioda dal suo scranno di Montecitorio per dire che di inciuci con il premier non ne fa. E vai con l’horror vacui! Di Pietro pensa che un governo Monti sia indispensabile, ma non per lui e quindi non per il paese. Un governo di unità nazionale – o come diavolo lo si voglia chiamare – fa gola al leader dell’Idv perché il suo partito resterà ancora una volta all’opposizione creando quel consenso che tra un anno e mezzo porterà i suoi frutti. Saranno mele acerbe o frutti di stagione ancora non possiamo prevederlo. Quello che invece immaginiamo è che Tonino starà fuori – o vorrebbe star fuori – dalla trincea governativa per non essere tra quelli che si comporteranno male nei confronti degli italiani chiedendo ancora una volta sacrifici. Irresponsabile!

La Lega. La Lega è bislacca. È ridicolo, oltre che inutilmente costoso, chiedere le urne in un momento politico così particolare per il paese. È ridicolo perché il Carroccio spera che restando fuori riprenderà i voti dell’elettorato deluso dalla Lega dopo dieci anni di ancoraggio a Berlusconi. In questo momento sono attestati attorno all’otto per cento: tale e quale al 2008. È vero che nei primi anni di governo il consenso era aumentato, ma è altrettanto vero che si è regolarmente sgretolato all’acuirsi di una crisi interna di dissidenza, capeggiata da Maroni, che metteva in stallo la leadership di Bossi. I regolari out out del capo carismatico del Carroccio hanno poi fatto il resto. Ora la Lega vorrebbe rifarsi una verginità politica che non gli appartiene più: dopo otto anni di governo è fenomenale il pensiero leghista di ritornare casti e puri solo perché la maggioranza non fa capo alla coalizione che ha vinto le elezioni politiche. In Democrazia si vince e si perde in Parlamento, non conta più nulla – ove avesse mai contato qualcosa –  il voto popolare: conta la Costituzione che, giusta o sbagliata che sia, è l’unico metodo per tirarci fuori dall’embasse politico in cui ci siamo cacciati. Irresponsabili!

Ma il nutrito gruppo degli irresponsabili non sta solo con Di Pietro e la Lega. I dissidenti maggiori (e peggiori) stanno col Pdl e il Pd.

Date un’occhiata alla lista di chi è contrario ad un governo Monti tra i parlamentari del Pdl. Su, date un’occhiata! Ci trovereste tutti quelli che alla prossima legislatura non verranno rieletti per dei fattori che fanno capo alla sconfitta di Berlusconi – e quindi alla perdita di consenso politico-elettorale nel centrodestra – e alla possibile ricucita della legge elettorale. Troviamo di tutto, in quella lista. Ci vediamo i ministri e sottosegretari spuntati dal nulla dopo la prima vera fiducia del 14 dicembre scorso; ci vediamo i parlamentari che si sono prima defilati dalla maggioranza per poi tornare all’ovile appena sentito l’odore di carne marcia dall’altra parte della barricata. Ma ci troviamo soprattutto tutti i ministri che hanno fatto peggio in questo governo: Gelmini, Matteoli, Frattini, Giovanardi. Ministri che presto, speriamo, tornino ai lavori di provenienza. Per chi ha una professione, ovviamente.

Anche la sinistra è contagiata dall’irresponsabilità. Dopo mesi in cui ci hanno propinato in tutte le salse che un governo tecnico guidato da Monti era necessario per salvarci dal default (ma quale default?), il Pd si trova a fronteggiare una crisi interna – l’ennesima, ma non è una novità – tra i favorevoli e i contrari al governo Monti. In questo momento i favorevoli sono in maggioranza, ma tra i contrari campeggia il segretario che crede nel rischio fondato che un governo tecnico allontani il partito dal primo posto nella superclassificashow. Il rischio è di pagare duramente la scelta alle prossime elezioni.

Rabbrividisco al solo pensiero che questi irresponsabili possano far parte del prossimo governo Monti.

Oggi non siamo in guerra, ma sicuramente in un gravissimo pericolo. Tutto fa pensare che la strada da provare sia quella di un governo di unità nazionale. Qualcuno può credere che, viceversa, sia meglio andare al voto. Quel che è certo è che tutte le opinioni sono rispettabili solo se sincere. Se sono motivate da interessi di parte, non sono rispettabili per nulla. Anzi, in un momento come questo sono molti simili allo sciacallaggio.

«Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alla prossima generazione», diceva De Gasperi. Ma è morto anche lui.

[per Lavika]