Piove a Napoli, al Maradona; piove su Luciano Spalletti, forse l’allenatore più scomodo di tutti. In questi giorni Spalletti continua ad allenare la squadra, guidandola alla vittoria per 3-1 sull’Inter, ma non è più il suo Napoli.

Nell’ultima settimana si è consumato il (solito) dramma tra l’allenatore e la società, a parole, tra l’allenatore che ha riportato lo Scudetto in città e la città che ha permesso all’allenatore di diventare, finalmente, Campione d’Italia.

Le ricostruzioni raccontano di una PEC inviata da De Laurentiis a Spalletti per ufficializzare il rinnovo unilaterale del contratto subito dopo la vittoria dello Tricolore. Un gesto che il tecnico considera freddo: Spalletti è irritato per essere stato trattato come un impiegato qualunque e non come l’uomo del terzo scudetto. Un addio assurdo e improbabile, ma non il primo per l’allenatore toscano.

Non è la prima volta che Spalletti e le squadre che allena si separino litigando, piene di rancore e incomprensioni. Spalletti è un tipo tosto, irrequieto, sanguigno: se me ne vado porto via il pallone perché è mio, mi appartiene. La lista di addii complicati è lunga e piena di attriti con le società che lo avevano ingaggiato.

L’Empoli dalla C alla A

Già alla sua prima esperienza con l’Empoli, dalla C alla A in due stagioni, il carattere del tecnico si mette in mostra: il giorno della festa promozione dice di non essere ancora pronto per la A e molla la squadra. Spalletti è convinto che la società venderà tutti i talenti cresciuti sotto la sua guida in quei due anni, non vuole restare a combattere per una salvezza che si presenta più difficile del normale. Il presidente lo convince a restare, ma l’addio è alle porte: già a metà girone di ritorno si parla di un accostamento con la Sampdoria. L’Empoli si salva, ma a fine stagione firma con la Samp.

La Samp e il Venezia

Con la Samp di Mantovani è una burrasca continua: a dicembre viene licenziato per poi tornare a febbraio senza però riuscire a salvarla dalla B. Spalletti firma col Venezia di Zamparini, non immaginando quello a cui va incontro. Il voracissimo presidente veneziano lo esonera già a novembre ma lo richiama due settimane dopo solo per licenziarlo definitivamente a febbraio.

Spalletti diventa grande a Udine

Il 2000 è solo il primo degli anni sabbatici della sua carriera. Nel 2001 traghetta l’Udinese fino a fine campionato per poi venire sostituito da Roy Hodgson. Durante la stagione successiva va all’Ancona, in piena retrocessione in Serie B: è il suo rilancio. L’Ancona arriva all’ottavo posto, ma Spalletti non rinuncia al carattere: litiga con alcuni giocatori e convince l’Udinese a ripuntare su di lui dopo la disastrosa annata di Hodgson.

A Udine Spalletti diventa grande: in tre anni centra per due volte la zona Uefa e al terzo addirittura la Champions. Ma il disagio è latente: a fine stagione paga la penale e rescinde il contratto. Passa alla Roma di Totti.

Il Re di Roma

Roma è una piazza importante, una di quelle che ti fanno capire che ce l’hai fatta. Roma però ha già il suo Re: dopo tre secondi posti consecutivi e un paio di grandi notti europee, il ciclo romano sembra concludersi con un sesto posto alla quarta stagione e con le solite litigate interne. Roma però ha il suo Re. Sensi convince il tecnico a restare, Totti però non è dello stesso parere. Dopo due sconfitte consecutive, l’ultima malamente in casa con la Juve, Spalletti si scaglia contro la squadra in una ormai famosissima conferenza stampa:

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Zenit San Pietroburgo

Due giorni dopo, Ranieri siede sulla panchina della Roma e Spalletti rinuncia a 7 milioni di contratto pur di svincolarsi dai giallorossi. A stagione inoltrata arriva l’ennesima svolta della sua carriera: va a San Pietroburgo ad allenare lo Zenit con il quale, in quattro anni, vince un campionato, una coppa di Russia e una supercoppa di Russia. Viene esonerato nel 2014 dopo una serie di risultati deludenti, ma stavolta è un addio tranquillo, forse l’unico.

Il sadismo del carnefice

Torna inaspettatamente alla Roma due anni dopo, anche per “accompagnare” l’addio di Totti perché nessun altro a Roma potrebbe farlo. Quando Er Pupone decide di smettere, la partita contro il Milan è l’occasione perfetta per mandarlo in campo e fargli tributare la standing dai milanisti, già pronti a omaggiarlo: non succede, sul 3-1 Spalletti gli preferisce Bruno Peres. Il sadismo del carnefice.

Roma gliela farà pagare.

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L’Inter di Zhang

Spalletti si accasa a Milano, sponda nerazzurra, scelto da Zhang per ripartire con slancio. I 29 gol di Icardi bastano per portare l’Inter in Champions all’ultima giornata della prima stagione, ma è la seconda a spaccare l’idillio. Prima le voci su Conte, poi la grana Icardi posto fuori dai margini per un mese senza fascia di capitano. Il reintegro avviene per ordine della società, che Spalletti accetta con malincuore. È l’ultimo atto del mister a Milano.

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All’ultima giornata l’Inter batte l’Empoli e si qualifica per la Champions, ma Spalletti dice: “Se mi confermano è da scherzi a parte”. Tre giorni dopo non è più l’allenatore dell’Inter. Il resto è storia recente.

Conflitti interiori

Probabilmente Spalletti ha bisogno di un qualche conflitto interiore per esprimersi al massimo. Allora non resta che aspettare il valzer panchine per vedere il bel gioco che ci ha regalato in questi anni e, magari, degli addii ancora inesplorati.