Come sappiamo, le piattaforme che ospitano contenuti generati dagli utenti devono affrontare il problema di come gestire i contenuti problematici, che possono essere razzisti, sessisti, disinformanti e a volte anche violenti. Questo problema non riguarda solo i colossi come Meta o X, ma anche le piattaforme emergenti come Substack.

About Substack

Substack è una piattaforma di newsletter che ha avuto molto successo negli ultimi anni, perché permette a chiunque di creare e distribuire una newsletter in modo semplice e veloce, e di raggiungere un pubblico ampio e interessato. Tuttavia, Substack ha anche ricevuto molte critiche per la sua scarsa moderazione dei contenuti, che ha permesso la diffusione di messaggi inneggianti al nazismo e all’odio nei confronti degli ebrei. Più di 247 autori di Substack hanno firmato una lettera aperta per chiedere ai fondatori della piattaforma di intervenire e di cambiare la loro politica.

Substack ha reagito bannando cinque account che avevano condiviso contenuti simili, ma questo non è bastato a placare la polemica. Molti si chiedono infatti come sia possibile che su Substack ci siano persone che sostengono queste idee, mentre su altre piattaforme come Facebook, Instagram o X vengono censurate o rimosse, anche se non sempre. La verità è che Substack ha una visione molto diversa: non si considera un editore, ma un fornitore di servizi. Questo significa che non si occupa di selezionare o promuovere i contenuti che ospita, ma lascia agli autori la piena responsabilità di quello che scrivono. Inoltre, Substack offre ai suoi autori un incentivo economico: più iscritti hanno, più guadagnano.

Questa combinazione di libertà e profitto ha attirato molti autori di qualità, ma anche molti provocatori e polemisti, che sfruttano la piattaforma per diffondere le loro opinioni estreme e controverse. Alcuni di questi autori sono stati pagati da Substack per lanciare le loro newsletter, in cambio di una percentuale dei ricavi. Questo ha fatto sorgere il dubbio che Substack stia in realtà finanziando e sponsorizzando i contenuti problematici.

Casey Newton lasca Substack

Uno dei giornalisti tech più famosi degli Stati Uniti, Casey Newton, ha deciso di lasciare Substack per protesta contro questa situazione. Newton pubblicava Substack Platformer, una newsletter dedicata al mondo delle piattaforme online. Ora si è trasferito su Ghost, una piattaforma open source che offre più controllo e trasparenza agli autori. Newton ha spiegato che non si sentiva a suo agio a condividere la piattaforma con autori che diffondono odio e disinformazione, e che non gli piaceva il ruolo ambiguo che Substack sta assumendo nel panorama editoriale.

Io penso che Substack debba fare una scelta chiara: o rimane un fornitore di servizi neutrale e imparziale, o diventa un editore responsabile e selettivo. Non può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Se vuole continuare a offrire una piattaforma aperta e libera a tutti gli autori, deve anche garantire ai lettori una maggiore trasparenza e informazione sui contenuti che consumano. Se invece vuole entrare nel mercato editoriale e competere con altre piattaforme, deve anche assumersi la responsabilità di moderare e curare i contenuti che ospita.

La risposta di Substack

Hamish McKenzie, uno dei cofondatori di Substack, ha difeso la sua scelta lo scorso dicembre dicendo che avrebbero eliminato solo gli account che diffondono minacce : «non crediamo che la censura risolva il problema – al contrario, lo peggiora. Crediamo che sostenere i diritti individuali e le libertà civili mettendo le idee a confronto in un dibattito aperto sia il modo migliore per togliere il potere alle idee cattive».

Queste parole non sono piaciute a Casey Newton, così ha deciso di trasferire la sua newsletter su Ghost proprio dopo aver sentito le dichiarazioni di McKenzie. Per lui, «tutte le principali piattaforme internet di consumo statunitensi proibiscono esplicitamente l’incitamento all’odio nazista». Pubblicare su un altro sito non significa eliminare il problema della moderazione dei contenuti. È come pensare che ci sia una separazione tra il mondo reale, quello offline (in cui ci sono anche idee molto discriminatorie verso alcune persone) e quello online. In realtà, entrambi si riflettono a vicenda.

Trasparenza

Quello che ha fatto Newton è comunque interessante: ha coinvolto la sua comunità di iscritti, ne ha parlato, e poi ha scelto. «La community di Platformer ha sollevato una serie di obiezioni» scrive Newton nell’ultima pubblicazione. «Ha notato come Substack non abbia modificato la sua politica; come non si sia impegnata chiaramente a rimuovere il materiale filo-nazista; come abbia sembrato chiedere agli utenti di fare da moderatori volontari».

Cosa ne pensate voi? Siete d’accordo con la posizione di Substack o con quella di Newton? Pensate che ci sia un modo per garantire la libertà di espressione senza favorire l’odio e la discriminazione? Fatemi sapere nei commenti!