Ho detto più volte che non mi piace la Juventus di Allegri e di non essere un fan del mister: anche quando i risultati lodavano il tecnico livornese non mi sono mai prostrato alla mancanza di gioco e idee a favore dei soli risultati. Ciononostante, non sono mai saltato sul carro degli #Allegriout perché anche quando sarebbe accettabile la critica nei confronti di un allenatore che non piace, non lo è se a parlare è solo il cuore del tifoso scorporando quello dello sportivo. Ecco perché finora ho criticato il non-gioco piuttosto che l’allenatore in sé.
Finora.

Allegri rimarrà al suo posto nonostante una vittoria in otto partite. Una quindicina di anni fa, la stessa vittoria in otto partite è costata la panchina a Ciro Ferrara, sostituito da Zaccheroni. Probabilmente erano altri tempi, ma è in questi tempi che la Juventus ha mostrato confusione in ogni partita, specialmente domenica contro il Genoa: vedere Chiesa e Kostic pestarsi i piedi nella stessa posizione è stato uno spettacolo piuttosto sgradevole da guardare; la squadra è atleticamente scarica – corre molto meno di prima – ed è anche nervosa, come dimostra l’insensatezza di Vlahovic a fine partita.

I problemi della squadra non sono nuovi, alcuni si trascinano da tre anni, e ci si chiede: questi problemi influenzeranno il finale di stagione? e come verranno affrontati nel prossimo anno? Il mercato da solo sarà sufficiente, anche se non sarà straordinario? Nessuno nella Juventus parla di un addio ad Allegri a fine stagione. I tifosi però se lo chiedono: ma c’è qualcuno che ci sta pensando? Attenzione però, spesso l’allenatore copre altri problemi, forse più complessi e nascosti. Quindi non è detto che Allegri sia il problema, anche se negli ultimi due mesi non è stata la soluzione.

La Juve e il Genoa hanno chiuso con un pareggio a reti bianche, un risultato che lascia l’amaro in bocca alla squadra di Allegri. Il primo tempo si riassume perfettamente nell’occasione sprecata da Vlahovic: un contropiede non sfruttato a dovere a causa di un passaggio a Chiesa meno che perfetto. Quel che si è visto per gran parte della frazione iniziale è stato il ritratto di una squadra intrappolata in una lenta gestione del pallone, incapace di pungere e verticalizzare, il tutto aggravato da scelte sbagliate nei momenti chiave.

Nel secondo tempo, però, si è assistito a una scossa emotiva: i legni colpiti da Iling e Kean ne sono la prova. Ma non basta. Ancora una volta la Juve ha mostrato difficoltà nel gestire il gioco, come dimostra il 66% di possesso palla che, se letto senza critica, potrebbe ingannare. Troppi passaggi orizzontali e una mancanza di incisività hanno reso quel numero un mero dato statistico senza valore. E per finire, l’espulsione di Vlahovic ha messo in luce un nervosismo e una sensazione di impotenza diffusa.

La Juventus riuscirà a conquistare la qualificazione in Champions League? Oppure la perdita del secondo posto è solo l’inizio di un catastrofico scivolamento verso la zona senza Champions? Non essendo un allenatore, non posso avere certezze, ma è fondamentale, soprattutto per i tifosi, comprendere le sensazioni di Allegri, della società e, perché no, anche dei giocatori riguardo le prossime settimane, viste le recenti prestazioni con 7 punti raccolti nelle ultime 8 partite.

Rendere la corsa alla Champions più avvincente è essenziale, non solo per l’orgoglio sportivo ma anche per la stabilità economica del club. Un fallimento nel raggiungere i primi quattro posti non è solo una delusione sportiva, ma porta anche a conseguenze economiche che possono influenzare il futuro del club. I dirigenti della Juventus devono mirare a questo obiettivo cruciale per garantire i fondamentali 80/85 milioni per il bilancio.

Ma quanto può durare l’entusiasmo per la sola qualificazione Champions? Non sono un tecnico, ribadisco, ma è chiaro che questo obiettivo da solo non scatena grandi passioni, specialmente se sei la Juventus. La delusione dei tifosi è palpabile e si riflette in campo con una mancanza di motivazione rispetto all’inizio della stagione, quando la sfida con l’Inter infiammava gli animi.

Ora si vedono momenti di apatia, confusione tattica che mina l’attacco (come dimostrato da Kostic e Chiesa che si intralciano), una generale distrazione in difesa che rende il team vulnerabile, e un nervosismo che porta a errori gravi come quello di Vlahovic.

La situazione è grave ma non seria diceva Flaiano, alla Juventus possiamo trasformare il concetto con meno ironia: la situazione non è grave, ma è seria – il che potrebbe essere anche peggio. Quando le cose precipitano, il rumore è così forte che scatta una reazione immediata; ma quando le certezze si erodono gradualmente e inesorabilmente, c’è il rischio di rimandare troppo e di non agire adeguatamente ed efficacemente. E i tempi, come sappiamo, sono spesso cruciali.

La squadra bianconera non sta rispettando le aspettative e la curva delle prestazioni della prima parte della stagione, quando era in lizza per la vetta in un duello serrato con l’Inter.

Il cammino recente parla chiaro: sette punti in otto partite, un andamento da zona retrocessione che non si vedeva da quando gli adolescenti in campo erano fanciulli (era la stagione 2009/10, per capirci). Altri dati confermano la crisi: non si registravano così pochi gol (43) dalla stagione 2010/11, uno in meno dei gol segnati da Vlahovic e compagni nelle prime 29 partite di quest’anno. Considerando che la distanza sia dal paradiso che dall’inferno si allarga (i punti dall’Inter non si contano più, mentre quelli dalla quinta posizione si sono ridotti a otto), sorge spontanea qualche domanda importante.

La storia insegna – ed è sempre utile studiarla – che l’ultima volta che la Juve ha vinto così poco in otto partite consecutive era ai tempi di Ferrara, sostituito poi da Zaccheroni. Quindi, se fino all’altra settimana ci si chiedeva se “Allegri rimarrà alla guida anche il prossimo anno?”, ora emerge un nuovo dubbio: “Allegri ce la farà a rimanere fino alla fine della stagione?”.

Il vero problema qui non è l’estetica del gioco, che è poco “pochissimo” spettacolare, ma le chance di qualificarsi per la prossima Champions League. Se per qualche nefasta ipotesi e al momento remota possibilità la squadra non dovesse qualificarsi, i conti del club andrebbero in tilt, e questo lo sanno bene ai piani alti in Continassa, dove siedono il presidente Ferrero e l’ad Scanavino. Quindi è fondamentale analizzare attentamente la realtà per evitare risvegli bruschi e tardivi.

Dalla Continassa arriva un messaggio che potremmo considerare fiducioso: Allegri è il timoniere verso la Champions fino all’ultima giornata, la 38ª, poi tecnico e dirigenza discuteranno del futuro. D’altronde la storia juventina ci insegna che cambiare allenatore in corsa è raro, quasi un’eccezione. Quindi, dopo la novità del ritiro al Jhotel prima della partita con il Genoa, in questi giorni non ci saranno scossoni e si arriverà alla vigilia di Pasqua con una Juventus pronta a rinascere a Roma contro la Lazio.

Aprile sarà decisivo per i bianconeri: oltre al campionato, ci saranno le semifinali di Coppa Italia contro la Lazio. Tre giorni dopo l’Olimpico, si giocherà all’Allianz per la semifinale di Coppa. Tre sfide Tudor-Allegri in un mese, a meno che non avvengano eventi straordinari che spingano la dirigenza a decisioni insolite per la Juve. Tuttavia, è importante sottolineare che non ci sono molti precedenti simili nella storia del club, quindi i paragoni sono limitati.

Resettare tutto? Vedremo.