A volte capita che le parole colpiscono più profondamente delle azioni. Il discorso al Parlamento europeo di Yulia Navalnaya, la moglie di Alexei Navalny, l’oppositore russo ucciso dal regime di Putin il mese scorso, è uno di quei casi.

Se volete davvero sconfiggere Putin, dovete diventare creativi. E dovete smettere di essere noiosi. Non si può colpire Putin con un’altra risoluzione o un’altra serie di sanzioni che non siano diverse da quelle precedenti. Non si può sconfiggere pensando che sia un uomo di princìpi con una morale e delle regole. Non è così, e Alexei l’ha capito molto tempo fa. Non avete a che fare con un politico, ma con un mafioso sanguinario. Putin è il leader di una banda criminale organizzata che comprende avvelenatori e assassini, ma sono tutti solo burattini. Voi, e tutti noi, dobbiamo combattere questa banda criminale. L’innovazione politica consiste nell’applicare i metodi di lotta alla criminalità organizzata, non la competizione politica. Non note diplomatiche, ma indagini sulle macchinazioni finanziarie. Non dichiarazioni di preoccupazione, ma ricerca degli associati alla mafia nei vostri paesi, degli avvocati e dei finanzieri discreti che aiutano Putin e i suoi amici a nascondere il denaro. In questa lotta avete alleati affidabili: ci sono decine di milioni di russi che sono contro Putin, contro la guerra, contro il male che porta.

Yulia Navalnaya

E ha ragione

Putin non è un politico: è un mafioso.
Putin non è il capo di stato russo: È lo stato russo.
Putin non è uno che segue le regole morali: le calpesta a proprio vantaggio.

Per sconfiggere Putin bisogna agire diversamente. Le sanzioni possono far male, ma per come sono impostate sono esattamente come se le aspetta il leader russo: una semplice perdita di tempo per spostare i capitali da una società all’altra.

Bisogna intaccare il suo ruolo di potentato all’interno dell’establishment economico russo. Bisogna indagare e perseguire i fiduciari dell’impero putiniano. Bisogna radere al suolo ogni beneficio economico che ruota attorno a Putin.

Come?

Ogni procura nazionale e internazionale deve lavorare come se dovesse incastrare una famiglia mafiosa: segui i soldi, diceva Falcone. Bisogna seguire i soldi.

Sono convinto che le procure mondiali stiano lavorando in questo senso, o almeno una parte di loro lo sta facendo. Credo però che gli ostacoli che devono saltare quotidianamente siano da medaglia olimpica. La politica, naturalmente, è parte del problema.

Imporre sanzioni che lasciano il tempo che trovano hanno il beneficio di far rimanere le istituzioni nella loro confort zone senza essere accusate di non far nulla. D’altronde, con la Russia si dovranno continuare a fare affari: con o senza Putin, la Federazione Russa rimane pur sempre una potenza mondiale. Con un’unica differenza sostanziale: Putin è il classico usato garantito, si sa chi è e cosa fa ma è sinonimo di stabilità economica. E i mercati – lo sappiamo – chiedono innanzitutto stabilità.

Al contrario, far cadere il regime potrebbe comportare anni di caos politico in quel di Mosca (l’opera e poi la caduta di Eltsin è nei ricordi di tutti) con innumerevoli problemi che si porterebbe dietro, specialmente finanziari. Ed è questo che le istituzioni temono: meglio un tiranno che conosciamo che anni di tensione politica sconosciuta. Con la possibilità, tutt’altro che improbabile, di ritrovarci un altro tiranno con le stesse capacità di Putin, ma con più esperienza.

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Il discorso al Parlamento europeo di Yulia Navalnaya

La storia segue dei cicli ben precisi e coordinati

Il ventennio fascista in Italia, il quindicennio nazista in Germania, Salazar in Portogallo, Franco in Spagna, Horthy in Ungheria. Pinochet in Cile, Videla in Argentina, da Vargas a Castelo Branco in Brasile, Noriega a Panama, Marcos nelle Filippine. Saddam in Iraq e gli Ayatollah in Iran, Nasser e Sadat in Egitto, Gheddafi in Libia per non parlare di tutti quei governicchi fantocci messi in piedi da Usa e Urss durante la guerra fredda…

Insomma, morto un Papa se ne fa un altro, quindi Putin deve cadere senza se e senza nessun ma: è questo il momento.