Ho scritto diverse riflessioni sulla guerra che sta devastando la Palestina e Israele, e ho sempre cercato di non cadere nella trappola di semplificare una situazione drammatica in termini di tifoseria o di polemica social. Penso che sia nostro dovere morale cercare di capire le cause, le conseguenze e le complessità di questo conflitto con onestà intellettuale e con una chiara visione dei valori che ci guidano. Valori che non dobbiamo mai abbandonare o nascondere.

Non voglio giustificare la violenza di Hamas, che usa i civili palestinesi come scudi umani e li espone ai bombardamenti israeliani. Ma neanche voglio ignorare le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani che subiscono i palestinesi da decenni, a causa dell’occupazione e della colonizzazione israeliana.

Questi valori, per me, significano non ignorare il dolore e la sofferenza dei civili palestinesi che subiscono le violenze di Hamas e le bombe di Israele, ma nemmeno negare il diritto degli israeliani a vivere in pace e sicurezza. Non si tratta di scegliere un campo o l’altro, né approvare la politica aggressiva e sproporzionata del governo Netanyahu che sta causando morte e distruzione a Gaza o l’ingiustificabile terrorismo di Hamas sui territori israeliani, ma di riconoscere la dignità e i diritti di entrambi i popoli.

Parte del problema

Pertanto mi dispiace vedere che molti media, anche quelli che hanno una certa credibilità e professionalità, non riescono a raccontare la realtà con equilibrio e obiettività, ma si limitano a ripetere luoghi comuni e cliché ideologici.

L’esempio più recente è l’articolo di Francesco Merlo su Repubblica, in cui attacca in modo ingiustificato e offensivo Zerocalcare, il noto fumettista che ha deciso di non partecipare al Lucca Comics per il patrocinio dell’ambasciata israeliana.

Non condivido neanch’io la decisione dei fumettisti di boicottare il Comics (credo che se avessero discusso pubblicamente, insieme, di Israele e Gaza sarebbe stato più utile ed efficace), ma trovo assurdo e vergognoso scrivere che «Zerocalcare neppure si rende conto di somigliare ad Hamas e gli pare una gran figata buttare i suoi razzi di fumo-fumetto su Israele, così si decora la coscienza e si sente come le pantere nere alle Olimpiadi del 1968». Semplicemente imbarazzante.

Apro e chiudo una parentesi: Zerocalcare, all’anagrafe Michele Rech, ha 40 anni, è uno degli autori più apprezzati e seguiti in Italia, e soprattutto non è quel ragazzino irresponsabile e immaturo che descrive Merlo. La sua storia, almeno quella, dovrebbe farci capire chi è e cosa ha fatto nella sua vita.

L’articolo di Merlo dimostra quindi due cose: che molti giornalisti italiani non hanno una conoscenza adeguata della realtà che dovrebbero raccontare e che ormai sono parte del problema. Cioè contribuiscono a peggiorare il livello del dibattito pubblico invece di essere un punto di riferimento per la sua qualità. In altre parole: Francesco Merlo è inevitabilmente parte del problema, cioè di quella categoria di giornalisti che alimentano il conflitto invece di favorire il dialogo.